
Le elezioni a Monfalcone, pur mai citate direttamente, hanno pesato sul Consiglio regionale nel corso della discussione sulla proposta di legge nazionale che vieta l’uso, nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, di ogni indumento o accessorio che copra il volto.
Dopo il caso delle studentesse che frequentavano una scuola della Città dei cantieri con il velo integrale, la Lega aveva annunciato un provvedimento, giunto nell’aula del Consiglio regionale questa mattina.
Un tema a dir poco delicato, su cui sono emerse tutte le differenze politiche e di sensibilità sull’argomento, e diventato terreno di campagna elettorale per le prossime elezioni a Monfalcone, che designeranno il successore di Anna Maria Cisint, ex sindaca, ora europarlamentare (che ha interpretato i suoi due mandati da prima cittadina con una lunga battaglia contro la pratica e l’esibizione degli usi islamici in città), presente fra il pubblico durante il dibattito.

Le ragioni della norma, che dovrà essere approvata in Parlamento (dove peraltro giacciono già altri progetti di legge analoghi e i sono scarse possibilità che giunga in aula), sono state esposte dal relatore Antonio Calligaris, della Lega, che ha ricordato il dovere delle istituzioni di assicurare il rispetto delle norme, ma anche di tutelare i diritti delle giovani “a cui viene impedito perfino di mostrare il proprio volto”.
Una norma in materia esiste già, la legge Reale del 1975, promulgata negli anni di piombo, che vietava di circolare con il volto coperto “salvo giustificato motivo”, un’espressione in cui il Consiglio di Stato nel 2008 aveva fatto rientrare anche i motivi religiosi, quindi anche il Niqab.
Il testo votato dal centrodestra, elimina l’espressione “giustificato motivo", e vieta qualsiasi accessorio o indumento che copra il volto, a prescindere dall’uso e dallo scopo, con l’esclusione di attività come lo sport, gli spettacoli, o ricorrenze come il carnevale. Il progetto inasprisce le pene, e prevede una sanzione anche per chi costringe donne e ragazze a coprirsi il volto.
Un divieto e basta, senza interventi di mediatori culturali, dialoghi o comprensioni, perché qui bisogna stabilire quelli che sono i nostri valori e i nostri diritti fondamentali".
“Il testo approvato – spiega Antonio Calligaris - sarà presentato alle Camere a Roma come se fosse presentato da un parlamentare, e lo abbiamo ritenuto necessario per fare pressione e risolvere questo problema: sostanzialmente in Italia abbiamo avuto una legalizzazione del burqa e del niqab per via giurisprudenziale. A febbraio la nostra regione è finita è sui giornali e TV per un caso di alcuni casi di niqab in una scuola e noi riteniamo che intervenire dopo un mese sia il minimo del nostro dovere”.
“Questo passo è stato fatto anche da paesi come la Francia e il Belgio che hanno seguito la stessa strada: un divieto e basta, senza interventi di mediatori culturali, dialoghi o comprensioni, perché qui bisogna stabilire quelli che sono i nostri valori e i nostri diritti fondamentali. Anche la Corte europea dei diritti dell'uomo, in due sentenze, afferma che il diritto alla religione, al credo religioso, non può sovrastare il diritto alla libertà della persona, e il viso scoperto garantisce una vita normale, civile e dignitosa”.
Le ragioni del centro destra però sono state contestate punto su punto dalle opposizioni, che poco prima del voto finale hanno anche abbandonato l’aula. La norma, è stato detto più volte, non servirà a tutelare le donne, perché cerca di risolvere con un principio sanzionatorio un problema sociale, che andrebbe invece affrontato con il confronto con le comunità, che non c’è stato nemmeno prima dell’esame in Consiglio.
Nel momento in cui si ragiona soltanto in termini di Codice penale, bypassando completamente tutti i diritti costituzionali e le libertà, si rischia di ottenere il risultato opposto".
La legge, hanno aggiunto gli esponenti del centro sinistra, non sarà mai approvata, e rappresenta solo uno strumento di campagna elettorale per Monfalcone, come conferma Serena Pellegrino, consigliera di Alleanza Verdi e Sinistra e relatrice di minoranza: “Si tratta di una legge di bandiera del centro destra, grave dal punto di vista dei contenuti”.
“La legge del ’75, prevedendo il giustificato motivo, lasciava i margini per un percorso sociale e culturale, ma nel momento in cui si ragiona soltanto in termini di Codice penale, bypassando completamente tutti i diritti costituzionali e le libertà, si rischia di ottenere il risultato opposto. Non abbiamo potuto apportare alcun emendamento. Credo che le istituzioni debbano essere utilizzate nel modo corretto, non certo per la propaganda elettorale e mi stupisce che questa maggioranza, che è così forte e particolarmente arrogante nel dire che comunque queste elezioni le vinceranno, debba fare ricorso a escamotage di questo tipo”.

“Fra l’altro - aggiunge - sappiamo che questa è una legge nazionale, e quindi oggi non è accaduto niente: dire ai cittadini che da domani, con l'approvazione questa legge, le donne non potranno più utilizzare il velo, è dire una grandissima bugia. Questa legge adesso verrà portata in Parlamento, e verrà abbinata ad altri testi sul tema per fare un unico testo per affrontare il dibattito parlamentare: abbiamo ancora due anni e mezzo di legislatura e credo che sarà veramente molto improbabile vederne l’approvazione “.
In aula non sono mancate le polemiche fra gli schieramenti, come quelle scatenata proprio dalle parole di Pellegrino, che aveva accusato il centro destra di guardare al velo islamico, ma non fare nulla per i volti coperti nelle curve fra gli Ultras o nelle baby gang, così come, ha aggiunto, per “i caschi dei poliziotti senza codice identificativo”. Un passaggio che ha provocato l’immediata reazione di Michele Lobianco di Forza Italia.
"Non si possono mettere sullo stesso piano gli agenti della polizia con gli ultrà seminatori di violenza o i cappucci delle baby gang".
“Non si possono mettere sullo stesso piano - ha aggiunto Claudio Giacomelli di Fratelli d’Italia, seguito poi da altri - gli agenti della polizia con gli ultrà seminatori di violenza o i cappucci delle baby gang. Prendo tutta la distanza possibile da un’affermazione simile, così come da chi considera degne di rispetto tutte le religioni tranne una, quella cattolica”.
“Quella delle opposizioni - ha aggiunto Calligaris – è una posizione strumentale: non sanno cosa dire, hanno paura, e oggi lo hanno dimostrato uscendo dall’aula per non votare”.
La stessa logica è però stata utilizzata dall’opposizione. Diego Moretti del Pd, candidato del centro sinistra come sindaco di Monfalcone, parlando proprio a pochi metri da Anna Maria Cisint, presente fra il pubblico, ha accusato il centro destra di sfuggire al confronto a Monfalcone, e di “esacerbare gli animi, con liste etniche e alimentando la tensione”.
A Monfalcone il centro destra sfugge al confronto e alimenta la tensione con liste etniche".
In aula è intervenuto anche il governatore Massimiliano Fedriga “Questo progetto di legge nazionale - ha detto - non risolove la situazione, ma va nella direzione di migliorare l'integrazione che si raggiunge quando ci sono regole condivise che vanno rispettate e fatte rispettare. Per il governatore è "assolutamente sbagliato accettare qualsiasi comportamento e usanza sulla base di un finto perbenismo. Per sembrare tolleranti e inclusivi rischiamo di sopprimere pezzi di democrazia e di libertà per tutti i cittadini. Questo approccio finisce per peggiorare o rallentare il processo di integrazione". "Il compito della politica deve essere quello di superare le opposizioni di carattere ideologico, altrimenti - ha aggiunto - si cade nella propaganda senza affrontare seriamente argomenti molto sentiti da una parte della nostra comunità".
Alessandro Martegani