La presentazione è partita dalla pubblicazione di Roberta Altin intitolata "Border Heritage. Migration and Displaced Memories in Trieste", che analizza le prospettive negli studi sulla migrazione attraverso l'analisi del territorio di Trieste, in particolare di quattro ondate migratorie dal 1945 al 2022, a partire dall'Esodo istriano fino ai rifugiati della guerra in Ucraina.
Queste la parole dell'antropologa Roberta Altin:
"È partito dall'osservazione di come stavamo vivendo e studiando le più recenti migrazioni. Penso quella dell'Ucraina e la Rotta balcanica e diciamo l'approccio che era estremamente emergenziale, talvolta troppo giornalistico per chi studia, mi ha portato a pensare ad una riflessione più profonda nel tempo e cercare di comprare quello che era già successo negli anni precedenti. Quindi sono andata un po' a ritroso, fino ad arrivare al dopoguerra, per cercare di mettere assieme questo quadro molto complesso".
Ci sono delle similitudini tra le recenti migrazioni ed appunto, quelle del dopoguerra. In particolare, immagino che l'esodo degli istriani sia stato molto diverso da quanto sta accadendo oggi?
"Ci sono molte similitudini, ricorrenze, fatti. Uno degli spunti del libro era partito proprio dal constatare come certi luoghi ricoprono le stesse funzioni, a partire dal centro di accoglienza del famigerato Silos, ma anche, penso, al centro anti-tubercolosi poco fuori Prosecco, che recentemente ha avuto funzione di centro di quarantena per il Covid, ma anche tante altre. Molte similitudini e ricorrenze che sono state chiaramente analizzate e scomposte".
Secondo lei, nell'attuale sistema di accoglienza quali sono le pecche principali?
"È un'Europa molto più blindata, paradossalmente ne esce un regime di frontiera più rigido di quando avevamo ancora la cosiddetta "Cortina di ferro" che era costantemente attraversata e quindi un respingimento ai margini dell'Europa sempre più duro".
Davide Fifaco