Una visione ideologica e senza prospettiva nè rispetto per la libera informazione: la riduzione progressiva del finanziamento all'editoria deciso dal governo italiano con l'ultima manovra finanziaria, è stata criticata anche dal direttore del quotidiano cattolico avvenire, Marco Tarquinio, a Trieste per partecipare al primo dei "colloqui al Circolo della Stampa", organizzati dallo stesso circolo e dal gruppo "Camminare insieme".
Avvenire è uno dei giornali coinvolti nei tagli all'editoria, ma il danno più grave, ha spiegato, riguarda le piccole testate e i giornali delle minoranze: "Questa è una legge che ha un segmento specifico del panorama editoriale italiano - spiega Tarquinio - quel segmento che è composto da 48 testate nazionali o regionali, che hanno caratteristiche molto precise, e si uniscono a 105 testate del territorio; ci sono altre realtà minori e in più c'è la parte della radiofonia che non va sottovalutata. Allora qual è il punto: è che sono giornali di fatti in cooperativa, da aziende con statuto no profit, che sono voce di minoranze territoriali, etniche, di tipo religioso, quindi sono un segmento molto specifico e la legge aveva, e a mio avviso ha, una ragione d'essere, perché garantisce un tasso decente di pluralismo, Questi giornali che oggi accedevano ai fondi ora li vedranno sparire da qui tre anni. Hanno fatto assunzioni, hanno stretto contratti con centri stampa, e in totale 10000 persone che lavorano in questo settore si troveranno fra tre anni sentirsi dire "arrivederci e grazie, abbiamo ho scherzato".
Ma è una scelta politica o una reale esigenza di bilancio, a suo modo di vedere, una scelta ideologica?
"C'è una pistola fumante: nel momento in cui si stabilisce che in tre anni scompariranno definitivamente 50 dei 60 milioni che venivano garantiti a questo fondo per il pluralismo dell'editoria italiana, e in contemporanea per i prossimi due anni si stanziano70-80 milioni per la RAI, à evidente che chi prende i soldi del canone, chi controlla le leve del governo e presume di controllare anche l'azienda radiotelevisiva di Stato, investe sullo strumento che controlla e disinveste su strumenti che ritiene di non poter controllare, e questo è molto grave."
Ci sono entrati anche giornali delle minoranze, sia quella slovena in Italia sia quella italiana in Slovenia e Croazia: questo è forse l'aspetto a livello internazionale più grave...
"Il problema delle operazioni ideologiche è che vengono condotte a prescindere dalla realtà, e senza considerare gli effetti che producono. La politica dovrebbe sempre, come ha ricordato anche Francesco, recentemente al corpo diplomatico, avviare processi sapendo che processi avvia, e non occupare spazi di potere, La sensazione in questo caso è che siamo di fronte a un'operazione di potere, che non considera i processi che avvia, e tra i processi che avvia ci sono l'abbandono di testate che rappresentano voci importanti di minoranza, ma proprio per questo più preziose e importanti nel dibattito pubblico",
Per la stampa Cattolica l'Avvenire è un punto di riferimento: voi ce la farete? e cambierà il ruolo della stampa Cattolica in Italia secondo lei, dopo questo?
"Beh, intanto diciamo che Avvenire oggi è il quarto quotidiano cartaceo del paese, è chiaro che abbiamo proporzioni diverse dalle testate coinvolte, ma noi veniamo feriti gravemente da questa manovra. Noi lavoriamo stando sul mercato, fuori da certe logiche del mercato, per scelta, perché crediamo in un'economia diversa, perché abbiamo mantenuto in questi anni un certo tipo di retribuzione, anche ai colleghi collaboratori...Lo facciamo perché siamo cattolici, e perché siamo cittadini, perché crediamo che queste modalità vadano preservate. Chiaro che avremo delle conseguenze, ma non perderemo il nostro ruolo, di questo ne sono convinto, perché abbiamo un lettorato fedele. Io sto ricevendo in questi giorni lettere di persone mi dicono "triplicate i prezzi, continueremo a leggervi e a comprarvi". Non vorremmo arrivare a questo, non possiamo arrivare a questo, dobbiamop garantire a tutti l'accessibilità. Ricevo anche lettere di persone in difficoltà che mi dicono "può aspettare un mese per il rinnovo dell'abbonamanto? perché non ce la faccio a pagarlo": è chiaro che aspettiamo un mese, in certi casi anche due, anche se poi arrivano sempre i soldi, quando ce li hanno. Questo ho imparato in questi anni di direzione: è una cosa che mi dà forza e voglio andare avanti, però penso che serve molto rispetto per il bene dell'informazione che è un bene pubblico. Una volta dicevamo che il servizio pubblico lo facevano le aziende di Stato, ma il servizio pubblico ormai lo deve fare tutta la nostra categoria, soprattutto nel tempo di un'informazione diffusa che non è attendibile, che avvelena i rapporti sociali, e peggiora la vita della nostra comunità".
Alessandro Martegani