
Da partigiano di orientamento cattolico a pregevole scrittore del panorama letterario sloveno, come testimonia anche la sua amicizia con Vladimir Bartol, negli anni Edvard Kocbek è diventato un referente ideale di quella fetta di mondo politico e di società civile che non si riconosce nel passato monocolore comunista. Il libro che Omerza gli ha dedicato rientra nel filone delle opere dell'autore che, negli anni, hanno rivelato alcune controversie del periodo jugoslavo, come il pedinamento da parte dei servizi segreti di politici di primo piano quali Dimitri Rupel e Boris Pahor. E ancora una volta grazie alla ricerca d'archivio e allo studio di documenti risalenti all'epoca della Jugoslavia, Omerza ha ricostruito in maniera meticolosa il periodo successivo alla pubblicazione del libro di Pahor-Rebula "Edvard Kocbek - Testimone del nostro tempo", uscito il 18 marzo del 1975. La figura di Kocbek viene ricostruita a partire da questa testimonianza storica per tratteggiare la figura di uno dei leader della resistenza, che però non ha avuto paura a denunciare il terrore partigiano e gli omicidi indiscriminati di soldati inermi della Guardia Nazionale nel secondo dopoguerra. Ma a colpire è soprattutto la reazione di quello che Omerza definisce il regime composto da polizia segreta, media e politici, che umiliarono Kocbek con bugie e invenzioni dopo la pubblicazione del libro. Egli fu salvato dalla prigione in particolare grazie all'amicizia e all'attenzione del premio Nobel tedesco Heinrich Böl, sorte che toccò invece a presone che difesero pubblicamente la testimonianza di Kocbek. Il volume, arricchito da fotografie e copie dei documenti dell'Udba, che lo pedinò in maniera ossessionata fino alla morte, cerca anche di tratteggiare i meccanismi di quella che viene definita violenza psicologica, dalla quale Kocbek riuscì a salvarsi. A differenza di altri, che finirono per rimanervi schiacciati fino a togliersi la vita, lasciando ferite profonde in parenti e familiari, come testimoniato anche da un paio di persone presenti in sala.
Valerio Fabbri

