Nel momento in cui interviene la polizia per placare situazioni di violenza giovanile è già tardi, qualcosa è già andato storto. Per questo sono necessari l'impegno e il coinvolgimento di tutti per trovare soluzioni chiare. Ma, si sa, il diavolo si nasconde nei dettagli e le buone intenzioni si perdono spesso sulla via della realizzazione. Si può riassumere così il quadro delle considerazioni emerse nella tavola rotonda a porte chiuse promossa dalla segretaria di Stato agli Interni, Helga Dobrin, impegnata al fianco del ministro Poklukar nell'affrontare la questione della convivenza con le comunità rom più problematiche. Come ha spiegato al termine dell'incontro, la violenza tra pari è uno dei temi prioritari sui quali il ministero intende essere più attivo e fare la differenza. Intorno al tavolo si sono riuniti rappresentanti dei ministeri dell'Istruzione, dei centri di assistenza sociale, delle forze dell'ordine, e di altre istituzioni deputate alla formazione dei più giovani. Quello che è emerso, come detto, è che molto è già stato scritto, ma poco è stato poi fatto, perché l'attuazione dalla teoria ai fatti si scontra sempre con la realtà. Dobrin ha preso atto che nella discussione devono essere inclusi anche i rappresentanti di ministeri con competenze fondamentali quali sanità, giustizia e famiglia. Per questo, secondo lei, l'intervento della polizia è un segnale che qualcosa sia già andato storto. La psicoterapeuta Leonida Zalokar, che da anni mette in guardia da comportamenti sempre più aggressivi fra i più giovani, al termine dell'incontro ha detto con coraggio e chiarezza che il sistema e la legislazione slovene sono troppo protettivi nei confronti di giovani e meno giovani. Motivo per cui invita anche introdurre o riclassificare come criminali alcuni atti definiti violenti, secondo lei, con troppo permissivismo.
Valerio Fabbri