Mancano pochi mesi al rettilineo finale per l'ultimo anno di legislatura, e la sensazione che si respira nei circoli politici lubianesi è di tenere la barra dritta per superare indenni le ultime curve. La diga eretta dal premier Golob in difesa del ministro dell'Interno per il momento regge. Il prezzo per la costruzione di questo argine sono state le dimissioni del direttore generale della polizia e la fuoriuscita di un deputato da Movimento Libertà. In termini politici però questo ha significato malumori negli altri due partiti della coalizione. Se i Socialdemocratici mantengono il profilo basso perché ancora scontano l'affaire Litijska, l'altro partito della maggioranza è più inquieto. Per non perdere di vista una fetta di società civile insoddisfatta, l'attivismo dei ministri in quota Sinistra/Levica rischia di remare in direzione opposta a quella dell'esecutivo. L'inevitabile visibilità che la Capitale europea della Cultura avrà per la ministra Vrečko potrebbe suggerire fughe in avanti, anche perché l'opposizione incalza. Il Partito democratico sloveno (SDS) ha sempre tenuto alta la guardia su tutti i principali dossier del governo, e ora ha alzato la posta chiamando in causa anche l'Unione europoea. Romana Tomc, l'eurodeputata (SDS) proconsole di Janša, ha annunciato una missione parlamentare del Partito popolare europeo a Lubiana, già sotto osservazione da parte della Commissione per la situazione dello stato di diritto, calderone nel quale finiscono tutti i temi più delicati, dai media alla magistratura, dalla corruzione al pluralismo. Anche i cristiano-democratici di Nuova Slovenia (NSi) cavalcano le debolezze della maggioranza, soprattutto sul fronte sicurezza. Sullo sfondo poi c'è il rapporto sempre teso fra Golob e Pirc Musar, con agende che sembrano spesso in contrasto. A pesare, in questo caso, sono le nomine in stallo per la banca centrale e gli altri organismi autonomi. A farne le spese, come al solito, la salute della democrazia.
Valerio Fabbri