Foto: Valerio Fabbri/Radio Capodistria
Foto: Valerio Fabbri/Radio Capodistria

Le fotografie di Gaberščik e Scabar possono essere descritte come costruzioni di design che superano di gran lunga la rappresentazione realistica della realtà, caratteristica fondamentale della fotografia. Per questo le opere esposte nell'atelier diretto da Barbara Čeferin sono, da un lato, il risultato di una ricerca sulle leggi formali del mezzo fotografico, in particolare la luce a effetti, valori tonali e contrasti. Mentre dall'altro riflettono la loro visione del mondo personale, dell'introspezione e della buona conoscenza della storia della fotografia o dell'arte. Secondo la curatrice della mostra, Nataša Koševc, oltre alla pausa, all'approfondimento e alla possibilità di contemplazione, nelle fotografie di Gaberščik e Scabar c'è anche uno "spunto di riflessione sul futuro della fotografia analogica, che ha recentemente vissuto una rinascita".
Il fotografo sloveno è noto soprattutto per le sue nature morte fotografiche analogiche, con le quali esplora le relazioni spaziali tra gli oggetti e gli effetti di luce tra i corpi illuminati e le loro ombre. Uno stile inconfondibile che gli ha permesso di ottenere riconoscimenti e spazi espositivi a livello internazionale, da Parigi a Basilea, a partire però dalla prestigiosa targa del Fondo Prešeren nel 2018. L'artista goriziano invece, scomparso nel 2019, nei primi anni di carriera ha utilizzato la fotografia soprattutto con finalità di racconto e reportage, per poi far uscire dai suoi lavori la figura umana, e concentrare il suo interesse sulla natura, sublimandone gli aspetti materiale e concettuale.

Valerio Fabbri

Foto: Valerio Fabbri/Radio Capodistria
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