Ad un mese e mezzo dall'apertura, allo Skate Park Koper non è ancora arrivata la dicitura in italiano. Capodistria resta bandita, l'italiano anche. In compenso è comparso un cartello che dice solo in sloveno che la struttura è chiusa a causa della pandemia; mentre una altra insegna messa di recente, sempre solo in sloveno, recita che il casco è obbligatorio per i minori di 15 anni.
Nessuna notizia positiva nemmeno dal Poliambulatorio di Capodistria, dove i moduli per effettuare i test rapidi anti covid ed i risultati dei tamponi hanno continuato ad essere distribuiti in sloveno ed eventualmente in inglese.
Nonostante le segnalazioni nessuno o quasi si muove. La Comunità autogestita costiera ha mandato una letterina al Poliambulatorio che non si è nemmeno preso la briga di rispondere. A quel punto ha preferito evitare di disturbare ulteriormente. Gli altri non hanno fatto nemmeno quello. A nessuna delle istituzioni - e nemmeno a nessuno dei molti esponenti politici della comunità nazionale italiana presenti sul territorio - è venuto in mente di segnalare i casi agli ispettori comunali. Non ci sono nemmeno notizie di interpellanze al sindaco e tantomeno di vibrate proteste. Evidentemente hanno di meglio da fare. Se si fossero mossi, il rischio sarebbe stato quello di mettere in moto la sonnecchiosa macchina degli ispettori comunali, che se avessero avuto una segnalazione sarebbero stati costretti, loro malgrado, ad intervenire.
A Pirano, dove i consiglieri italiani sono fondamentali per tenere in piedi la traballante maggioranza del sindaco, si continua a discutere timidamente di vecchi toponimi e di bilinguismo. La situazione è sconfortante, come è emerso dalle foto fatte vedere in un recente dibattito organizzato dalla Comunità degli Italiani. Intanto di Santa Lucia e San Bernardino non c’è nessuna traccia, esattamente come ad Isola nessuno si preoccupa del toponimo italiano di Jagodje. Non resta che chiedersi quindi cosa facciano i tanti esponenti politici della minoranza eletti nei vari organismi e soprattutto che fine abbiano fatto i “tutori del bilinguismo”, cioè quelle figure, di cui è stato fatto nome e cognome tempo fa, che in ogni comune avrebbero dovuto adoperarsi per far tornare l’italiano lingua del territorio.
Stefano Lusa