Tre medaglie per la Slovenia, due d'oro ed una d'argento. Una delle due del metallo più prezioso è arrivata da un fenomeno assoluto, Janja Garnbret che sta riscrivendo la storia dell'arrampicata sportiva, avendo vinto, a soli 25 anni, già due ori olimpici, oltre a svariati titoli Europei e Mondiali. Un'atleta che ammalia quando la guardi in parete perché trova sempre un modo per superare l'ostacolo e che piace anche per il suo sorriso genuino e la semplicità che la caratterizzano.
Ma il motore pulsante di questa spedizione olimpica slovena è stata Capodistria, città di poco più di venticinquemila abitanti che ha però regalato due medaglie al Paese. Quelle medaglie che mancavano dal 1932, quando con l'Italia a Los Angeles nel quattro con del canottaggio furono appunto i capodistriani Riccardo Divora, Bruno Parovel, Giovanni Plazzer, Giovanni Scher ed il timoniere Bruno Vattovaz a conquistare un argento.
Dopo ben 92 la nostra città festeggia le medaglie di Andreja Leški nel judo e di Toni Vodišek nel kitesurf.
Ma gli atleti capodistriani sono stati fondamentali anche nel percorso della squadra di pallamano maschile che è andata vicinissima a disputare la prima storica finale assoluta per una compagine slovena, venendo sconfitta di misura dai poi campioni olimpici danesi ed arrendendosi alla Spagna nella finalina di bronzo. Di questa spedizione facevano parte ben tre atleti locali: Dean Bombač, Aleks Vlah e Staš Jovičić, oltre all'isolano Borut Mačkovšek.
Non è invece riuscito a ripetere l'impresa che lo portò all'oro nel 2012 a Rio de Janeiro l'atleta croato appartenente alla Comunità Nazionale Italiana, Giovanni Cernogoraz, nel tiro a volo, specialità trap. Questa volta il tiratore di Cittanova è rimasto fuori dalla finale, vinta poi dal britannico Nathan Hales.
Non sono mancate le polemiche, come ad ogni edizione dei Giochi a Cinque Cerchi. Soprattutto in Italia, che ancora una volta non si è dimostrata capace di accettare la multietnicità. Molti, sui social, i commenti contro atleti quali Marcell Jacobs o le pallavoliste Miriam Sylla e Paola Egonu, che hanno conquistato il primo storico oro olimpico per l'Italia nel volley. La migliore risposta ai loro detrattori sono stati i loro sorrisi sul podio.
Come non ricordare poi le critiche già alla cerimonia di inaugurazione, considerata bizzarra per la presenza di drag queen tanto che alcuni politici italiani l'hanno definita persino un'offesa al cristianesimo?
Ma questo è stato nulla rispetto al putiferio scatenato dalla partecipazione di due pugili donne che erano state escluse dai mondiali per eccesso di testosterone. Il regolamento olimpico, diverso da quello iridato, ammetteva la presenza di queste due atlete, l'algerina Imane Khelif e Lin Yu Ting di Taipei. La prima lungo il suo percorso che l'ha portata alla conquistata dell'oro ha incontrato la pugile italiana Angela Carini, che alla vigilia dell'incontro aveva affermato fosse ingiusto gareggiare contro una pugile che presenta caratteristiche maschili e durante l'incontro si è ritirata al secondo pugno ricevuto affermando di non aver mai ricevuto pugni di tale potenza. Anche in questo caso inevitabili le polemiche con Carini che è divenuta un'eroina per alcuni rappresentanti politici.
Intanto Khelif nelle ultime ore ha annunciato di aver presentato una denuncia per cyberbullismo aggravato, spiegando di essere stata vittima di polemiche, amplificate on line, su questioni riguardanti il suo genere.
Davide Fifaco