Per i suoi sostenitori e per la stessa Premier è stato un successo, per altri un’occasione persa per accreditarsi definitivamente come una leader internazionale.
Sono diametralmente opposte le interpretazioni che i vari commentatori e giornali danno della prestazione di Giorgia Meloni al G7 appena concluso. Il summit è stato dominato, fra le altre cose, dalle considerazioni a margine sul futuro dell’Unione europea, in piena trattativa per il rinnovo dei vertici: un confronto che ha evidenziato la distanza fra i vari leader europei, con Meloni (di fatto l’unica leader del Vecchio Continente presente al vertice ad aver consolidato il proprio consenso all’interno del proprio Paese alle ultime europee, e l’unica di tutti i leader presenti a poter vantare dei consensi in ascesa), apparsa ancor più distante, se possibile, dal presidente francese Emmanuel Macron, che si prepara al voto nazionale dopo la sconfitta alle europee, e da Olaf Scholz, che non ha esitato a porre la Premier italiana "all'estrema destra dello spettro politico", in Europa, non includendola una ipotetica futura maggioranza continentale.
Distanze che si sono sentite nel corso del vertice, chiuso da una dichiarazione soddisfatta della Premier, che ha definito il G7 “un successo”, ma che ha anche messo in evidenza come le grandi potenze occidentali siano in una fase di debolezza, se non altro dei rispettivi leader.
Di fatto è stato raggiunto un accordo per dei finanziamenti all’Ucraina tramite gli asset russi, è stato anche il primo G7 con la presenza di un Papa, e avrebbe potuto essere un trampolino per consolidare la posizione di Meloni, un’occasione per prendere il timone di un gruppo che, di fronte a uno scenario di crisi, guerre e di competizione con potenze come Cina e Russia e India, fa fatica a tenere il passo e a trovare dei leader, ma l’impressione è che si sia trattata anche di un’occasione mancata: Meloni non è riuscita a scrollarsi di dosso le contraddizioni fra i rapporti con le forze di estrema destra in Europa, e l’appoggio a gli Stati Uniti su temi come l’Ucraina e l’opposizione a Putin, ed è stata anche criticata per i modi, a volte non propriamente istituzionali, con cui ha affrontato temi, partner del G7 e anche i giornalisti.
Anche in occasione della conferenza stampa finale non sono mancate le critiche fra i giornalisti selezionati per partecipare all’incontro con la premier, che ha tenuto un monologo da 25 minuti per poi lasciarne solo 20 scarsi per le domande (12 su 200 giornalisti), circostanza che ha alimentato le polemiche sulla rarefazione crescente delle occasioni di dialogo diretto fra la stampa e la Presidente del Consiglio, che incontra i giornalisti sempre più raramente e non partecipa più alla conferenze stampa dopo il Consiglio dei ministri.
Non mancano poi le perplessità su temi già critici per la destra in Europa, come quelli dell’aborto, dei diritti delle donne e della comunità Lgbt, temi che avrebbero opposto Macron a Meloni, e che, forse anche a causa della presenza del Papa, sono scomparsi dalla dichiarazione finale del vertice. La stessa Premier ha liquidato l’argomento quasi con fastidio nel corso della conferenza stampa: “Credo – ha detto, rispondendo a una delle poche domande concesse, in merito alla mancanza della parola aborto nella dichiarazione finale del G7 - che la polemica sia stata costruita in maniera artefatta, infatti, non è esistita nelle nostre discussioni anche perché non c’era nulla su cui litigare”. “Ritengo inutile e superfluo ripetere cose già note”, ha concluso, e rendere questi documenti ufficiali “inutilmente ripetitivi”.
Alessandro Martegani