La gestione dei migranti continua a essere un nervo scoperto a Trieste, e la tensione è esplosa non in piazza Libertà, dove ogni giorno si radunando decine di persone provenienti dalla rotta Balcanica, non ai confini, ma in una sede istituzionale: la sala del Consiglio comunale in occasione della consegna del San Giusto d’Oro, il premio che l’Assostampa del Friuli Venezia Giulia assegna ogni anno ai triestini che hanno reso onore al nome della città.
Il premio del 2024 era andato all’imprenditore Enrico Samer, attivo nel campo dello sport e delle attività giovanili, ma una targa speciale era stata assegnata alla Rete Solidale, il gruppo di organizzazioni che ogni giorno offrono assistenza e ospitalità ai migranti che arrivano dalla Rotta Balcanica.
Era un premio che, si sapeva, avrebbe potuto creare frizioni con la Giunta comunale, ma forse nessuno si attendeva una risposta così lacerante: pochi secondi dopo l’avvio dell’intervento di Marianna Buttignoni, attivista di Linea d’Ombra, associazione che assiste i migranti in piazza Libertà, il Sindaco Roberto Dipiazza ha lasciato l’aula senza dire una parola, seguito da altri amministratori di centro destra come gli assessori regionali Pierpaolo Roberti e Fabio Scoccimarro, senza più rientrare.
A scatenare la reazione del primo cittadino, da anni accusato dal centro sinistra e dalla Rete solidale di non fare abbastanza nella gestione dell’immigrazione, impegnando invece risorse, ad esempio, per illuminare e riempire di abeti la città a Natale, sono bastate poche parole: “Ammiriamo – ha detto Buttignoni - le coraggiose ragazze dell'Iran, che scappano dal regime, ma nel momento in cui arrivano in piazza Libertà, la sera non hanno una toilette e ci si cambia l’assorbente dietro le panchine o dietro la statua di Sissi. Questo è un disonore per la città, e mi spiace – ha aggiunto mentre il sindaco lasciava l’aula - che qualcuno non voglia sentire la realtà, ma la realtà è che il mondo sta cambiando”.
Una reazione del sindaco e degli altri esponenti del centro destra, che hanno abbandonato l’aula senza replicare, pianificata o meno (visto che era ampiamente prevedibile la piega che avrebbe preso l’intervento della rappresentante della Rete solidale), era prevedibile, ma in non in questa misura, anche perché nell’intervento era stato tracciato un quadro della situazione in città, ma senza una critica diretta agli amministratori del Comune e della Regione, che evidentemente però si sono sentiti chiamati in causa.
Si tratta di una reazione che conferma da una parte la determinazione del primo cittadino e del centro destra nell’interpretare quello dei migranti esclusivamente come un problema di pubblica sicurezza e di gestione logistica delle persone che arrivano in città, dall’altra l’incapacità di guardare alle migrazioni come un fenomeno sociale che, piaccia o meno, sta cambiando il tessuto stesso della città e che va accettato e gestito, e soprattutto non può essere affrontato solo sgombrando edifici abbandonati e poi rivolgendo lo sguardo a Piazza Unità (illuminata dagli alberi di Natale e allietata dalle canzoni natalizie, con i triestini che incrociano pensando ai regali di Natale), e non alla vicina piazza Libertà, dove invece decine di persone ogni giorno cercano di sopravvivere dormendo all’aperto, dopo aver attraversato i Balcani in condizioni disumane, e spesso sottoposti anche violenze nel corso del viaggio.
“Con gli sgomberi è finito tutto? - aveva detto Marianna Buttignoni - No, la Rotta balcanica è splendidamente aperta, e chi ci dice che si può mettere un tappo sul confine vende un’illusione, o mente sapendo di mentire”. Un’accusa diretta forse non al Sindaco, ma sicuramente alla narrazione che ogni giorno viene diffusa dal governo italiano e dalle autorità, che spesso sciorinano cifre sui risultati dei controlli ai valichi principali, ma che sembra non considerare le centinaia di persone che, mese per mese, attraversano i boschi o i tanti valichi secondari non presidiati, per raggiugere Trieste, punto d’arrivo della Rotta balcanica, dove le amministrazioni usano spesso le parole “sicurezza” e “lotta al traffico di esseri umani”, lasciando però alle organizzazioni di volontari e alla Chiesa quelle come “assistenza” e “solidarietà”.

Alessandro Martegani