“Scusi ma cosa succede? Quando liberano il passaggio?” Queste domande, che ci ha rivolto un distinto signore pochi minuti dopo il termine dei lavori del G7 istruzione di Trieste, tutto sommato riassumono la portata di un evento che, più di altri, ha dimostrato agli scettici, ma forse anche ai sostenitori dei grandi vertici internazionali, come sia necessario ripensare alla formula e al senso questo tipo di eventi.
Il G7 istruzione di Trieste avrebbe, il condizionale è assolutamente d'obbligo, dovuto portare nel Capoluogo giuliano i ministri delle maggiori democrazie occidentali, più i vertici dell’Unione Europea, dell’Unione africana, dell’Ucraina, per un confronto sul futuro dei sistemi scolastici e di formazione, ma si è ridotto a un evento poco considerato dai media e dalle stesse istituzioni.
Solo tre ministri, oltre a Giuseppe Valditara (quello giapponese, Masahito Moriyama, l'americano Miguel Cardona, e la britannica Dana Barran) hanno ritenuto necessario venire a Trieste, gli altri paesi hanno mandato sottosegretari o funzionari, e lo stesso hanno fatto l’Unione europea o l’Unione Africana, mentre l’Ucraina ha mandato un ambasciatore. Anche il Brasile, che organizzerà il prossimo G20, ha partecipato con una funzionaria d’ambasciata e un videomessaggio del ministro.
Già guardando alla partecipazione il vertice appariva depotenziato, e non hanno aiutato i contenuti del confronto, perlomeno quelli dichiarati, visto che gli incontri si svolgevano porte chiuse e le uniche comunicazioni avvenivano tramite il ministro italiano Valditara, senza la possibilità di domande se non nella Conferenza stampa finale, e anche in quel caso con interazioni limitate.
Nonostante i buoni propositi del Ministro italiano di uscire dal vertice con dei provvedimenti concreti, è difficile isolare nel documento finale qualcosa di poco generico, o con cui non si possa concordare, visto che per la maggior parte si tratta di buoni propositi e principi inattaccabili, ma anche poco originali, come la volontà di lavorare su “approcci innovativi in materia di istruzione per promuovere le conoscenze e le competenze fondamentali”, sottolineare la “necessità di rafforzare le competenze digitali e l'alfabetizzazione ai media”, riconoscere “la necessità di promuovere la fiducia, il rispetto e il valore dei docenti e di aumentare l'attrattività della professione docente”.
Un confronto che non ha portato a sostanziali novità o soluzioni, e seguito fra l‘altro da una rappresentanza di giornalisti molto ristretta, quasi tutte testate locali, con una presenza di media nazionali molto scarsa e quasi nulla di testate internazionali.
Nonostante questo però l’organizzazione è andata nella direzione opposta: per un evento che ha faticato a trovare spazio sulla stampa locale e che è rimasto pressoché sconosciuto al mondo, è stata chiusa tutta l’area circostante di piazza Unità per quasi tre giorni, con misure di sicurezza che da una parte apparivano obiettivamente eccessive (giornalisti e operatori venivano trasferiti verso gli appuntamenti con la stampa con la scorta dello staff del vertice, e c‘è stata anche una sorta di passerella stile red carpet attraverso piazza Unità, dove si trovava la sala stampa, fino a piazza della Borsa fra gli sguardi fra il perplesso e lo stupito dei negozianti e dei passati tenuti lontani dalle transenne per un evento di cui nessuno era al corrente), dall’altra anche poco efficaci, perché al rigido sistema di sicurezza, agli elicotteri che hanno sorvolato la città per tre giorni, ai pass e ai controlli ai varchi, sono sfuggiti un anziano signore, che è riuscito a sedersi comodamente su uno dei pili della piazza, protestando poi quando le forze dell’ordine lo hanno raggiunto e gli hanno chiesto di allontanarsi, e poi coppie di turisti in ciabatte e canottiera che sono state fermate dopo aver attraversato tranquillamente la zona rossa con tanto di trolley a traino.
Una situazione quasi paradossale, chiusa con una conferenza stampa che ha riproposto temi già citati nei precedenti interventi dal ministro Valditara, con la possibilità di fare solo tre domande concordate per i giornalisti presenti, pochi come abbiamo già detto, mentre la sala della Camera di commercio era stata riempita con funzionari, delegazioni e con i ragazzi che partecipavano a #YoungG7 a Lignano, comandati a bacchetta dagli accompagnatori.
Un assist a chi sostiene l’inutilità del confronto e del dibattito a livello internazionale, un’occasione persa per dare delle risposte a quei i ragazzi, messi alla prova più di altre generazioni durante il covid, accusati spesso di essere inconsistenti, a cui si chiede di rinunciare a tante risorse sprecate a piene mani dalle generazioni precedenti, ma per i quali, quando tratta di andare sul concreto per garantire un’istruzione adeguata, nessuno sembra voler andare al di là delle dichiarazioni di facciata, riducendo, al netto dei tanti eventi mondani che hanno coinvolto le delegazioni, quello che poteva essere un evento internazionale fondamentale per il futuro della scuola, in una seccatura per chi a Trieste doveva spostarsi da una parte all’altra della città per andare al mare o tornare a casa.
Alessandro Martegani