Pierferdinando Casini, Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Sergio Mattarella
Pierferdinando Casini, Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Sergio Mattarella

“Matteotti fu ucciso da squadristi fascisti”: questa frase di norma non dovrebbe far notizia se utilizzata dalla maggior parte dei governanti o amministratori della storia della Repubblica (si tratta di una verità storica assodata e non contestata, nemmeno dalla destra in Italia), ma ha assunto un sapore del tutto particolare quando è stata pronunciata dalla premier Giorgia Meloni, leader di un partito che affonda le sue radici nella tradizione della destra italiana, e che porta nel simbolo la fiamma de Movimento sociale, partito che nel dopoguerra raccolse l’eredità, e anche alcuni componenti, del disciolto partito fascista.
Da quando occupa l’ufficio più importante di Palazzo Chigi, a Giorgia Meloni sono giunte quotidianamente richieste e inviti a prendere le distanze dal fascismo, ma soprattutto a dichiararsi antifascista, e le sue parole, pronunciate in occasione dell’intitolazione di uno scranno della Camera a Giacomo Matteotti, (politico socialista ucciso dai fascisti il 10 giugno del 1924, in piena ascesa del regime che portò l’Italia alla dittatura e alla guerra), a 100 anni dal suo ultimo discorso pronunciato alla Camera il 30 maggio 1924, non sono passate inosservate.

Foto: Camera dei Deputati
Foto: Camera dei Deputati

Quel posto rimarrà vuoto, non sarà assegnato più ad alcun deputato, e una cerimonia, alla presenza delle più alte cariche dello stato ha celebrato l‘evento: un’occasione che la Premier non ha voluto sprecare per fare un passo in avanti e liberarsi dall’ombra della tradizione fascista. Proprio sul caso Matteotti alcune settimane fa si era consumata la polemica sul caso Scurati, lo scrittore che la RAI aveva deciso di non far intervenire il 25 aprile, ma oggi la Premier sembra non voler più aggirare la parola “fascista”: “Oggi - ha detto - siamo qui a commemorare un uomo libero e coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee. Onorare il suo ricordo è fondamentale per ricordarci ogni giorno a distanza di cento anni da quel discorso il valore della libertà di parola e di pensiero contro chi vorrebbe arrogarsi il diritto di stabilire cosa è consentito dire e pensare e cosa no”.
Parole chiare, che a dire la verità dovrebbero essere date per scontate e non fare nemmeno notizia se pronunciate da personalità che hanno responsabilità istituzionali, ma che, come prevedibile, hanno invece fatto notizia e anche diviso ulteriormente.

Foto: Camera dei Deputati
Foto: Camera dei Deputati

Se infatti a destra si è subito sottolineata l’iniziativa di Meloni , e, nel caso del ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, si è chiesto al Pd di prendere le distanze dal comunismo (evidentemente il ministro non ritiene rilevante la differenza fra la necessità di prendere le distanze dal fascismo in un paese che ha provato sulla propria pelle la dittatura di Mussolini e che ha una Costituzione basata sull’antifascismo, rispetto all’essere filosoficamente contrari al comunismo, che invece in Italia non ha mai esercitato le sue applicazioni pratiche più odiose, oltre al fatto che la sinistra italiana di comunismo, e a volte di sinistra, ha ormai ben poco), da sinistra i commenti si alternano fra la soddisfazione di interpreta la frase come una svolta, e, cosa a dir la verità ancor più prevedibile, chi accusa Meloni di aver fatto una sorta di abiura strumentale.
Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni in realtà non erano dei pericoli sovversivi due giorni fa e non sono dei radicali progressisti oggi: se infatti all’interno di quel partiti ci sono anche personalità che nulla hanno a che vedere con il fascismo, è vero che molti dei provvedimenti sostenuti dal partito della Presidente del Consiglio, a partire dalla riforma sul premierato, s’ispirano a sistemi che concentrano poteri nelle mani di un’unica persona, tendono a uniformare i cittadini, con poco rispetto per le minoranze, di qualunque tipo siano, manifestano una evidente insofferenza per le critiche e tendono al controllo dell’informazione.
Questa chiave di lettura è stata proposta anche dall’ex presidente della regione Friuli Venezia Giulia e attuale deputata del Pd, Debora Serracchiani che, riguardo la riforma in discussione alla Camera, pur apprezzando le parole di Meloni, ha parlato di “un testo che smantella la Costituzione”. “Abbiamo una Costituzione che ha matrice antifascista e una separazione di poteri con pesi e contrappesi e la garanzia del presidente – ha spiegato – e parlare di Matteotti mi fa pensare al premierato in modo negativo".

Alessandro Martegani