La sera era oramai calata, quando sabato, il corteo di CasaPound è entrato in Viale Venti settembre per passare davanti al teatro Rossetti. Nella via migliaia di persone disposte in fila per cinque sfilavano in un silenzio assordante. Unici rumori “La cavalcata delle valchirie” - diffusa dagli altoparlanti - il garrire delle bandiere e quello dello sfregare dei vestiti.
Più che una manifestazione è stato un rito studiato nei minimi particolari: labari della X Mas, degli Arditi e della Milizia, subito dietro le bandiere dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, i manifesti con slogan patriottici, le bandiere italiane: quelle di CasaPound e quelle del Blocco studentesco; poi fumogeni tricolore e fiaccole. Un lungo e raccolto corteo per arrivare al gran finale davanti al monumento dedicato a Rossetti. Li i rappresentanti delle nuove sezioni di CasaPound hanno versato mucchietti di terra raccolta nelle loro regioni in un braciere, tra fiaccole accese ed un tripudio di bandiere, prima di rendere omaggio a Gianluca Iannone, il loro leader indiscusso. Conclusione con il discorso dal tono patriottico di Simone Di Stefano e inno italiano cantato dalla piazza a squarciagola.
Più che di fronte a tanti individui la sensazione era quella di trovarsi davanti ad un organismo che agiva all’unisono. “Sono come i Borg di Star Trek”, questa la sprezzante considerazione di uno dei detrattori di CasaPound; per altri, il corteo ed il suo epilogo, ricordavano le ordinate manifestazioni di regime, anche quelle messe in scena ogni 25 maggio nella Jugoslavia di Tito.
Uno spettacolo, quello di CasaPound, ben ordinato e molto diverso dalla chiassosa manifestazione fortemente voluta dagli antifascisti. Nella radicata tradizione della sinistra non è mancata la sonora contestazione interna tra gruppi presenti e gli epiteti lanciati all’indirizzo della polizia, ma al di là di questo è stata una marcia arcobaleno che univa persone con tonalità di pelle diversa e differente apparenza nazionale. La sinistra può cantare vittoria per i numeri, ma sta di fatto che il loro corteo non è certo servito ad appianare le differenze che continuano ad esistere tra le varie forze antifasciste e che probabilmente solo CasaPound può unire. A correre in soccorso agli organizzatori locali anche compagni provenienti da altri paesi. Alcuni, come ad esempio quelli della Sinistra slovena, si sono portati dietro pure le loro bandiere. Chissà cosa sarebbe successo in Slovenia e Croazia se a una manifestazione organizzata per contestare un movimento politico locale si fossero uniti uomini e partiti provenienti dall’Italia?
Sul fronte contrapposto, CasaPound, invece, ha raccolto nelle vie di Trieste, più persone di quante potesse oggettivamente sperare. Il movimento sembra gerarchicamente strutturato, agisce a livello locale, sta sviluppando una diffusa rete di assistenza. Non stanno inventando niente, usano solo gli stessi metodi di molte forze politiche che a diverse latitudini hanno fatto fortuna. I fascisti del terzo millennio stanno crescendo e le loro idee stanno facendo breccia nei partiti tradizionali. Del resto lo slogan di “prima gli italiani” non è più solo il loro motto, ma oramai è parte del programma di governo.