In redazione resta la sua macchina da scrivere. Fu l’unico che non si arrese al computer, usò quella Unis gialla fino al suo ultimo giorno di lavoro. Se ne andò in pensione con una delle sue battute. Disse che il suo era un posto tombino, uno di quelli che quando si chiudevano non si riaprivano più.
Oggi se ne va una voce storica della nostra emittente, una di quelle con un timbro profondo e roco, che restano nelle orecchie degli ascoltatori e diventano inconfondibili. Con grande ecclettismo aveva saputo ricoprire vari incarichi a Radio Capodistria, lasciando sempre un’impronta indelebile. Fu speaker, autore, responsabile della redazione culturale, giornalista politico, analista della realtà della minoranza italiana ed altro ancora.
Siljan era un pozzo di conoscenza, uno capace di far amare l’Istria anche a quelli a cui l’Istria non interessava per nulla. Fu un precursore, uno che valorizzò - prima che la cosa diventasse di moda - il dialetto istroveneto. La suA trasmissione “Su e zò per le contrade” resta una della pagine più felici di quella stagione a Radio Capodistira. Era un programma satirico in dialetto, dove non le mandava a dire a nessuno, come quella volta in cui disse che era arrivato il momento di mettere le finestre all’Arena di Pola. Si era nel pieno del processo di dissoluzione della Jugoslavia. Da Zagabria erano arrivate piccate considerazioni sugli istriani, sulle loro tendenze autonomiste e su quel “rudere” dell’arena.
Gianfranco Siljan era un testardo, una persona che con la sua voce e la sua stazza incuteva un naturale timore reverenziale e con il quale non sembrava facile averci a che fare. Era solo apparenza. In realtà era un “burbero benefico”, uno capace non solo di far ridere per un momento, ma anche di mettere a nudo con una battuta la realtà.
Mancherà a tutti noi di Radio Capodistria, ma la sua eredità e la sua figura continuerà a vivere nelle nostre redazioni. Grazie Gianfranco!
Stefano Lusa