"Se non ci fosse stata Venezia, Capodistria oggi sarebbe tre volte più grande e tre volte più ricca". Questa una delle considerazioni che stanno girando in queste ore sui social. A scatenare una ridda di polemiche è stata nuovamente la posa delle targhe con gli antichi odonimi. Ancora una volta i "patrioti" della tastiera hanno tirato in ballo il fascismo, le sofferenze patite dagli sloveni durante il regime ed il tentativo di negare il carattere sloveno di quella che dovrebbe essere solo Koper.
Dalla lettura dei post emerge che chi ha consentito un'operazione del genere non è certo dotato di grande amor patrio. Ora non rimane che attendere che dalla tastiera si passi al cacciavite, come è già accaduto nell'autunno scorso, quando la targa posta nella piazza principale della città non resistette che poche ore. Nessuno sa chi l'ha rimossa. Provvidenzialmente nulla sarebbe stato registrato nemmeno dalla telecamera di sorveglianza dell'Università del Litorale che stava proprio sopra la tabella.
Quelle targhe non piacevano allora e non piacciono nemmeno oggi. A nulla sono servite le rassicurazioni che i nomi delle vie resteranno quelli del tempo del regime comunista e che nessuno toccherà Piazza Tito, dove per ora la targa - con l'odonimo Piazza Duomo - non è stata ancora posta. La considerazione di fondo è che a Capodistria l'italiano dà fastidio ed infastidiscono ancora di più quelle tabelle che raccontano di un passato e di gente che oramai in città non ci sono più o quasi.
Intanto sul web c'è chi si accorge che a Pirano la Comunità Italiana sta organizzando un evento che dovrebbe addirittura "essere vietato". Martedì prossimo, infatti, a casa Tartini farà tappa Romano Sauro, per presentare il libro dedicato a suo nonno Nazario.
Sauro, insieme a Cesare Battisti, fu l'ultimo eroe del risorgimento italiano. I due patrioti vennero giustiziati per alto tradimento, perché nella prima guerra mondiale preferirono arruolarsi nell'esercito italiano piuttosto che andare a combattere con la divisa austriaca contro i loro connazionali. Sapevano che se fossero stati catturati ad attenderli ci sarebbe stato il patibolo.
Quando vennero uccisi il fascismo non c'era ancora: le posizioni di Battisti erano mazziniane, mentre quelle più informi di Sauro erano più vicine a quelle di Mazzini che al becero nazionalismo di Ruggero Timeus. Divennero, loro malgrado, due icone del fascismo, che gli innalzò al rango di martiri su quel mitico ponte che collegava Trento a Trieste. A finire nel mirino anche la figura del figlio Italo Sauro ed il suo ruolo di esperto del Duce per le questioni etniche. Difficile capire la correlazione tra Nazario morto nel 1916 e le idee del figlio di 20 anni dopo.
Si tuona, però, che "le storie degli irredentisti, ovvero dei fascisti, non devono trovare posto negli enti pubblici o privati della repubblica di Slovenia". Il dito è puntato anche contro il Museo del Mare di Pirano, che ha avuto l'ardire girare la notizia dell'evento sul suo profilo facebook. Adesso sarà interessante vedere se martedì a palazzo Tartini arriveranno i reparti speciali per fermare la presentazione o se almeno troveremo davanti all'ingresso qualche bandiera con la stella rossa.
Proprio un bel clima per la Comunità Italiana in Slovenia. Per l'ennesima volta il messaggio è che la testa non va alzata troppo, che bisogna continuare ad essere "buoni italiani", come quelli che furono mandati dal partito a dirigere la minoranza nell'immediato dopoguerra.
A Capodistria, oggi non c'è nessuna lapide che ricordi la figura di Nazario Sauro e difficilmente potrà tornare sulla sua casa natale, visto che probabilmente non ci sarà nemmeno il coraggio di ricordarlo anche solo con una piccola targa nell'estivo della Comunità degli italiani. Del resto quella in Slovenia è una Comunità nazionale che ha tutti i diritti, come quello di chiamare ad esempio le località di Santa Lucia o San Bernardino con il nome italiano imposto al tempo del regime comunista, con un semplice Lucia e Bernardino.