Il livello di italiano nelle nostre scuole è quello che è. L’innalzamento delle competenze linguistiche è una priorità, come una priorità è quella di avere finalmente delle scuole italiane e non delle scuole con lingua d’insegnamento italiana. Ieri si sarebbe potuto fare un passo in questo senso, ma alla fine si è scritta una delle più brutte pagine nella storia del rapporto tra la minoranza ed il parlamento. Il centrosinistra ha deciso che nulla deve cambiare, visto che la possibilità che un insegnate o una figura tecnico amministrativa non di madrelingua italiana possa trovar lavoro nei nostri istituti è più importante del livello di italiano che parla. Una chiara scelta politica, perseguita con grande dispendio di energia, visto che si è messo di mezzo anche il Consiglio di Stato con il suo veto sospensivo. In teoria i voti per far passare la legge ci sarebbero stati e sarebbero venuti tutti dal centrodestra, ma alla fine c’ha pensato il Covid a far mancare i numeri in aula.
A vincere è stato il centrosinistra, che è riuscito a far pagare a Žiža il suo sostegno al governo Janša. L’obiettivo nemmeno tanto celato è stato quello di togliere dalla sua faretra una freccia da usare in campagna elettorale. Proprio per questo nell'opposizione si è fatto di tutto per compattare le fila e per convincere i loro deputati a non votare per la legge. Non è la prima volta che vengono osteggiati provvedimenti a favore della minoranza. Era accaduto anche quando era stata approvata la legge che assegnava l’integrazione per il bilinguismo a parte del personale delle scuole italiane, mentre la Sinistra aveva dato battaglia anche sulla riforma elettorale che ha introdotto il maggioritario per l’elezione del deputato al seggio specifico.
In ogni modo adesso la questione è chiusa, almeno per questa legislatura. Se ne riparlerà dopo il 24 aprile con quella che sarà la nuova maggioranza. Intanto quello che resta è la legge del 2018, che prevede un livello di conoscenza linguistica base. Peccato che da allora non siano stati fatti ancora i regolamenti applicativi. Sta di fatto che quella normativa, approvata purtroppo all’epoca anche con il consenso della minoranza, presenta molte lacune ed alcuni articoli sono almeno di dubbia costituzionalità. Proprio per questo non resta quindi che chiedere ai giudici della Corte Costituzionale di esprimersi in merito.
Stefano Lusa