In Slovenia si continua a morire di Covid. Il dato di oggi parla di 55 decessi. Se vogliamo paragonare i numeri a quelli italiani dobbiamo moltiplicare il tutto per 30. Arriviamo così alla impressionante cifra di 1650 morti.
Nell’ospedale di Murska Sobota e in quello di Maribor, qualche giorno fa, non avevano più posto negli obitori; mentre i forni crematori, oramai sono stati costretti a moltiplicare i turni. Sta di fatto che per avere le ceneri del caro estinto bisogna attendere anche 10 giorni.
Gli ospedali continuano ed essere pieni e le terapie intensive anche. La pressione sul sistema sanitario non tende a calare, tanto che oggi abbiamo il nuovo numero record di 210 pazienti ricoverati in terapia intensiva, di cui 139 attaccati ad un respiratore. Cifre che il sistema sanitario sloveno può ancora reggere, ma né l’inverno né il periodo delle influenze è ancora arrivato.
La situazione è seria. Il lockdown ha fermato la crescita esponenziale dei contagi, ma non è ancora riuscito ad invertire il trend. Ci si chiede perché? Quello che è certo è che c’è troppa gente in giro e che troppi non rispettano le regole. Non è strano in un paese che riesce a trasformare tutto in una guerra civile permanente, in cui governo e opposizione battagliano anche sul coronavirus. L’ennesimo spettacolo poco edificante a cui si rischia di non fare nemmeno più caso.
Non è una peculiarità solo slovena. Anche nel resto d’Europa, in questo momento, il problema principale non sembra essere la diffusione del contagio, ma la riapertura degli impianti sciistici, il Natale e il veglione di Capodanno. La voglia di tornare alla normalità, ma si potrebbe dire anche di guadagnare e fare affari, riaprendo bar, ristoranti e facendo riprendere i flussi turistici sembra essere più importante di tutto il resto. Lo si capisce leggendo i bollettini quotidiani del Friuli - Venezia Giulia che mettono in ordine di età decrescente i morti per Covid. Quello che ancora manca tra i dati è il risparmio per le casse dello stato alla voce pensioni. Il messaggio è che il coronavirus ammazza nonnini, inutili per la società, destinati comunque ad andarsene presto. Un modo di comunicare cinico e a dir poco sbagliato, frutto di una politica che più che a governare pensa ad accumulare like.
Stefano Lusa