I pugni alzati con il guanto nero di Tommie Smith e John Carlos divennero il simbolo delle Olimpiadi di Città del Messico. Un gesto iconico di due neri d’America che protestavano contro le discriminazioni della loro comunità. Pagarono a caro prezzo quel gesto. Vennero ostracizzati in patria e seguiti dai servizi segreti come fossero pericolosi criminali. Non andò molto meglio nemmeno a Peter Norman, l’australiano che salì sul podio con loro. Non alzo il pugno, ma si mise sulla tuta un adesivo del Olympic Project for Human Rights. Tanto bastò per venir preso di mira dai media australiani e boicottato dai responsabili sportivi. La cosa gli costò probabilmente la partecipazione ai giochi del 1972. Quando morì Smith e Carlos portarono a spalla la sua bara.
La genuflessione di Colin Kaepernick durante l'esecuzione dell'inno americano, divenne un altro gesto iconico. Con lui e con quelli come lui che protestavano contro le ingiustizie e oppressioni subite dalla minoranza nera negli Stati Uniti, se la prese persino il presidente Donald Trump che chiese di portare “quel figlio di puttana” fuori dal campo e licenziarlo. A fine stagione i San Francisco 49ers non gli rinnovarono il contratto e nessuna altra squadra della NFL glie ne volle offrire uno nuovo.
La libertà si paga a caro prezzo. Novak Đoković ha dato ad intendere come la pensasse sul coronavirus già nel 2020, quando nel bel mezzo della pandemia organizzò in giro per l’ex Jugoslavia l’Adria Tour. Una serie di esibizioni dove in barba alle misure anti-Covid, riuscì a riempire gli spalti. Non durò molto. Già al secondo appuntamento in programma a Zara la manifestazione venne sospesa e lui, insieme ad altri tennisti, finì per essere contagiato dal virus.
Che non si volesse vaccinare era cosa nota e che l’Australia non lasciasse entrare i non vaccinati anche. Poteva starsene a casa, come hanno fatto altri suoi colleghi contrari al vaccino. Non sarebbe diventato un’icona perché la sua battaglia sbagliata non ha certo il valore di altre molto più nobili, ma almeno avrebbe dimostrato di essere disposto a pagare il prezzo delle sue scelte. Lui, invece, non senza una buona dose di creatività, assieme agli organizzatori del torneo, ha cercato di aggirare l’ostacolo con un’esenzione medica che probabilmente non sarebbe stata concessa a nessun comune mortale. Ovvio. Divieti e restrizioni si interpretano benevolmente per i V.I.P. Accade ogni giorno. Loro però evitano di ostentarlo e tutti fanno finta di non accorgersene. Questa volta non è stato così e Novak ha fatto la fine di un qualsiasi altro No-Vax.
Stefano Lusa