Con la cerimonia della fine del Ramadan si chiude un periodo sacro per i musulmani, ma i contrasti fra la comunità islamica della Città dei Cantieri, la più numerosa d’Italia in proporzione alla popolazione, e l’amministrazione comunale, rappresentata dalla sindaca Anna Maria Cisint, sono ancora tutti sul tavolo, dove probabilmente rimarranno, almeno fino alle europee di giugno. Nonostante il via libera da parte del Tribunale Amministrativo all’uso dell’area esterna di uno dei due centri islamici, quello di via Primo Maggio, gli edifici delle due organizzazioni, di proprietà della comunità islamica, continuano non poter essere utilizzati per la preghiera, perché registrati con una diversa destinazione d’uso. Quello in via Primo Maggio, dopo il blocco della ristrutturazione , è inagibile addirittura dal 2018, nonostante sia stato regolarmente acquistato dal centro Baitus Salat.
La sindaca Cisint continua a non voler comunicare direttamente con i rappresentanti della comunità islamica locale, se non attraverso note e carte bollate, interpretando in modo perlomeno molto restrittivo le indicazioni del Consiglio di Stato, che le aveva chiesto di aprire un tavolo per trovare una soluzione sui luoghi di preghiera: nelle ultime settimane, in coincidenza con l’aumentare delle voci di su una sua candidatura alle europee, poi ufficializzata la scorsa settimana, ha aumentato numero e tenore degli interventi critici sulla comunità islamica locale e sulla cultura islamica in generale, accusando i suoi rappresentanti di non avere una reale volontà di abbandonare pratiche contrarie alle norme italiane, diffuse, non si sa quanto, all’interno dei gruppi di religione islamica della città.Le spose bambine mandate, poco più che quindicenni, in patria per sposarsi con uomini sconosciuti, la condizione delle donne, spesso con il volto coperto e sempre due passi indietro agli uomini, in generale una scarsa volontà d’integrazione: sono punti che la Sindaca riprende spesso e che sono contenuti anche nel libro “Ora basta, immigrazione, islamizzazione, sottomissione”, una sorta di manifesto politico, pubblicato anche in vista di possibili ruoli a livello nazionale. Cisint ha posto sempre di più l’accento sul bisogno di “salvaguardare l'Italia, l'Europa e i valori occidentali di libertà”, scegliendo la strada della contrapposizione fra i valori dell’occidente e la religione islamica.
Anna Maria Cisint ora deve vivere con una scorta sempre accanto, a causa delle inqualificabili minacce di morte che le sono arrivate via web, sul telefono personale, e anche su dei biglietti trovati all’interno della Fincantieri (la grande società che è alla base della presenza in città di gran parte dei fedeli di religione islamica, ma che sembra non volersi occupare molto dell’integrazione dei lavoratori che usa per costruire le sue navi): una condizione che limita in maniera pesante la libertà personale e la vita privata della prima cittadina, come se non bastassero la frustrazione e la comprensibile preoccupazione per esser stata minacciata, ma che non spostano la linea di Cisint, che ha confermato di voler proseguire quella che considera una vera e propria battaglia di civiltà. Le minacce fra l’altro complicano ancor di più il dialogo con la comunità islamica che però, attraverso i suoi rappresentanti (alcuni hanno più volte dichiarato di aver votato per lei, sottolineandone le doti di amministratrice), continuano a lanciare appelli al dialogo, finora caduti però nel vuoto.
Una contrapposizione che ha portato la Città dei Cantieri sui giornali nazionali e non solo, nonostante, quasi incredibilmente a questo punto, a Monfalcone la situazione sia tutto sommato tranquilla dal punto di vista dell’ordine pubblico e della convivenza: la presenza in gran parte della città della comunità islamica, e soprattutto di quella bengalese è evidente, ma il resto della città per ora sembra tutto sommato convivere con una situazione che, va detto, Anna Maria Cisint è stata l’unica a voler affrontare, anche se con metodi e priorità che fanno discutere.
Quella che era una roccaforte della sinistra, dal 2016 in poi ha votato, a larga maggioranza e per due volte, per un’amministrazione e soprattutto per una sindaca leghista, proprio perché a sinistra non era stata percepita, e non si percepisce tutt’ora, una visione alternativa, di convivenza e integrazione (che non significa assimilazione) dei monfalconesi di recente acquisizione. Gli immigrati, molti con cittadinanza italiana, regolarmente residenti sul territorio, che votano e pagano le tasse, con i figli e giovani che spesso parlano fra di loro in italiano, sono un terzo della popolazione, la metà bengalesi: una presenza che non può essere ignorata, ma che difficilmente potrà essere gestita con la sola contrapposizione.
Alessandro Martegani