Nessuna targa sulla casa di Nazario Sauro, nessuna tabella con l‘antico odonimo in Piazza del Duomo a Capodistria, nessun diritto a Pirano per la comunità italiana di chiamare Santa Lucia e San Bernardino con i loro nomi originali, nessuna versione italiana a Isola per l’insediamento di Jagodje. Sono questioni simboliche che evidentemente non appassionano più di tanto i tre vicesindaci italiani. Al momento siamo esattamente lì dove eravamo un anno fa, tanto che nulla è stato risolto. I massimi rappresentanti comunali della minoranza, per ora, sembrano in tutt’altre faccende affaccendati e stanno, così, soprattutto a fare da foglia di fico per le amministrazioni cittadine, che possono esibirli ad ogni visita di qualche delegazione straniera, per certificare l’ottimo grado di tutela esistente sul territorio.
A Pirano e Isola, almeno, il nome del vicesindaco è stato concordato tra la comunità italiana ed il primo cittadino. A Capodistria, invece, il sindaco ha fatto tutto da solo. Quella poltrona è stata materia di trattativa tra le forze politiche della coalizione, dove la Sinistra ha ammesso esplicitamente che si è mossa per far sedere su quello scranno un consigliere italiano a lei gradito. Non era mai accaduto prima. Ora una nuova strada è stata aperta, tanto che alle prossime elezioni ci potremmo attendere anche candidati partitici sulle liste specifiche, ovviamente supportati da attivisti iscritti nelle liste elettorali della minoranza. Tutto perfettamente legale e in linea con quanto dice la legge e lo statuto comunale, meno invece con quella che dovrebbe essere la natura di una funzione che, più che essere frutto della logica della rappresentanza dei partiti e della spartizione lottizata delle poltrone, dovrebbe essere l’espressione della Comunità italiana e dei suoi interessi.
Il presidente della Comunità Autogestita Costiera, Alberto Scheriani, ha fatto bene a puntare il dito sull’intromissione dei partiti nelle scelte dei rappresentanti della minoranza e bene ha fatto quello della Comunità autogestita comunale, Fulvio Richter, a ribadire la centralità che dovrebbero avere le istituzioni della comunità nazionale italiana. In tanti non hanno capito - o hanno fatto finta di non capire - quello che hanno detto. Liquidare il tutto come espressione dell’interesse che Scheriani oggettivamente aveva, nel mantenere la poltrona di numero due di Capodistria, è voler portare il dibattito a livello di scontro personale o guerra tra bande rivali, senza capire le ragioni politiche del problema. Il dato di fatto è che mai prima nessun vicesindaco è stato nominato senza il benestare della comunità nazionale italiana e mai prima i partiti hanno giocato una parte tanto attiva nella sua nomina. Adesso è accaduto a Capodistria, vale la pena di chiedersi se va bene così. Potrebbe essere l’occasione per riflettere seriamente su quello che è il ruolo del vicesindaco italiano nei comuni costieri, su cosa serve e su chi rappresenti. Si tratta di decidere se deve essere una figura di facciata che sta lì per gentile concessione del sindaco o se deve invece essere una voce critica e rappresentativa della comunità italiana.
Stefano Lusa