Dopo essere stati per due anni al centro della scena politica nazionale i deputati delle comunità nazionali italiana ed ungherese potrebbero tornare ad essere invisibili. I loro voti non saranno più necessari per tenere in piedi il governo e così presto i giornali e l’opinione pubblica potrebbero dimenticarsi dell’esistenza delle due minoranze autoctone e dei loro parlamentari. Tradizionalmente i rappresentanti minoritari, del resto, non hanno mai avuto il desiderio di giocare un ruolo di primo piano nella politica nazionale e nemmeno di conquistare le prime pagine dei giornali. La loro azione è sempre stata di piccolo cabotaggio ed il loro scopo quello di portare quanti più benefici e realizzare quanti più progetti per le loro comunità. Il bottino degli ultimi due anni è stato invidiabile e probabilmente, perso il ruolo di ago della bilancia, sarà molto difficile raggiungere simili risultati in questo mandato. Felice Žiža, comunque, ha dimostrato di sapersi muovere bene nei salotti lubianesi ed è riuscito a portare alla sua massima espressione il concetto che per fare gli interessi della minoranza “bisogna parlare con tutti, chiedere soldi a tutti e prendere soldi da tutti”. In questo non ha fatto altro che applicare quello che è stato il mantra della politica minoritaria degli ultimi trent’anni. Arrivato sulla scena che conta quattro anni fa ha portato freschezza e vitalità tanto che si può dire che l’allievo ha superato i maestri. Žiža dopo il trionfo alle scorse elezioni, ora sembra essere sempre più la figura centrale della minoranza italiana. A questo punto si candida a pieno titolo a diventare l’ennesimo “dirigente eterno” della comunità nazionale. Quattro anni fa aveva promesso che non avrebbe fatto più di due mandati in parlamento. Ora dovrà decidere se imitare i suoi maestri e diventare un altra'ingombrante figura di una minoranza incapace di rinnovare la sua classe dirigente o se vorrà dare una lezione di stile a tutti quelli che intorno a lui- da molti decenni - sono incatenati a poltrone che non intendono proprio mollare.
Stefano Lusa