“Quando la seduta del consiglio comunale è guidata dal consigliere o vicesindaco rappresentante della CNI, è libero di usare la lingua che preferisce”. Questa la risposta del comune di Capodistria a una nostra specifica domanda. A ridosso della prima seduta del Consiglio comunale ci si era chiesti come avrebbe parlato Ondina Gregorich Diabaté, che in qualità di consigliere anziano avrebbe dovuto guidare la riunione. Quella che doveva condurre era una assise assai complicata, visto che il sindaco uscente Boris Popovič aveva fatto capire che avrebbe dato battaglia per ottenere il riconteggio dei voti. A poche ore dalla riunione, tanto per intralciare ulteriormente la matassa, Popovič aveva pensato bene di rimuovere la vecchia ed esperta segretaria del Consiglio comunale.
Alla Gregorich come prassi era stato consegnato il solito canovaccio per la riunione redatto in sloveno. Lei, che sino a quel punto non aveva voluto anticipare nulla, dopo essersi consultata con i servizi comunali, ha scelto di usare lo sloveno, con una abbondante spruzzata di italiano. Visto l’aria che tirava ha preferito non puntare i piedi. Una scelta, la sua, in linea con quanto aveva fatto sino a quel momento Alberto Scheriani, che in qualità di vicesindaco di Capodistria negli scorsi mandati aveva spesso guidato le sedute del Consiglio comunale più o meno allo stesso modo.
La questione dell’uso dell’italiano nelle riunioni dei comuni bilingui è un tema spesso rimasto sottotraccia nel dibattito pubblico della minoranza. In teoria, quindi, non ci sarebbe nessun ostacolo all’uso esclusivo dell’italiano da parte dei rappresentanti, ma poi per praticità o convenienza si usa questo diritto con moderazione. Dal Comune di Capodistria ci tengono a sottolineare che “gli interventi in Consiglio comunale, siano essi formulati in lingua slovena o in lingua italiana, non vengono tradotti”, ma aggiungono anche che fin ora non c’è stata la prassi di usare solo l’italiano, anche se non escludono “che ciò possa accadere”.
Nei primi anni Novanta c’era anche chi aveva storto il naso ed aveva accennato alla necessità di tradurre gli interventi fatti in italiano. La cosa si arenò di fronte alla constatazione che in questo caso sarebbe stato necessario farlo anche con chi usava lo sloveno.
A livello teorico quindi tutto funziona, ma intanto l’italiano sparisce sempre più dalle vie e dalla vita pubblica. I diritti ci sono, sta alla comunità nazionale italiana usarli tutti e senza remore, ma dovrebbero essere proprio i politici i primi a dare il buon esempio.
Stefano Lusa