Superare il sistema di voto Borda. Lo hanno detto in campagna elettorale tutti e tre i candidati alla carica di deputato al seggio specifico riservato alla Comunità nazionale italiana. Il farraginoso sistema prevede l’assegnazione di un indice di gradimento e la successiva assegnazione di punti ai candidati. In vigore da quasi trent’anni ancor oggi non sono chiare le modalità di assegnazione dei punteggi, che in questa tornata sono stati comunicati solo a ridosso del voto. Abbandonare il vecchio sistema è quindi un imperativo, non facile da superare, visto che per cambiare la legislazione elettorale in parlamento bisogna raccogliere due terzi dei voti.
Di riforma del sistema elettorale, comunque, in Slovenia si è ricominciato a discutere dopo che la Corte costituzionale ha imposto alcune modifiche all’attuale sistema proporzionale. Se n’è parlato anche dal Capo dello Stato Borut Pahor. È stata questa l’occasione, come riporta La Voce del Popolo, per porre l’accento anche sulle modalità di voto dei deputati delle comunità nazionali.
Felice Žiža, ai microfoni di Radio Capodistria, conferma di aver rispolverato un vecchio progetto, che si era arenato in parlamento. L’idea è quella di applicare il maggioritario secco. In sintesi, vince chi prende più voti, esattamente come avviene per i seggi specifici nei Consigli comunali e per i consigli delle Comunità autogestite. Una modalità chiara a cui gli italiani sono oramai abituati. Nei prossimi mesi se ne discuterà ampiamente nelle singole Comunità autogestite comunali e poi in quella Costiera. In ogni modo, Žiža assicura di aver avuto colloqui con deputati e partiti che appoggerebbero una simile modifica. Difficile, se non impossibile, l’applicazione di un maggioritario a doppio turno. Una simile ipotesi era stata caldeggiata in campagna elettorale da Maurizio Tremul, che anche in questi giorni ha ribadito che proprio questa sarebbe la modalità a lui più gradita. Improbabile, comunque, che una simile proposta possa trovare il favore delle forze politiche slovene. Si tratterebbe, infatti, di aspettare per per settimane che si completi il parlamento, in attesa del possibile ballottaggio tra i candidati della minoranza italiana ed ungherese. Tra le varie obiezioni mosse anche quella della pressione che ci sarebbe sul voto minoritario se l’esito del voto generale metterebbe destra e sinistra in sostanziale equilibrio. Uno scenario, questo, che rischierebbe di pesare parecchio sugli elettori e sui candidati delle comunità nazionali, che si troverebbero addosso gli occhi di tutto il paese.
Un'altra novità che verrebbe introdotta con la nuova legge è quella che non prevederebbe più l’automatica sostituzione del parlamentare decaduto dal primo dei non eletti. In questo caso gli elettori delle comunità nazionali dovrebbero, infatti, tornare alle urne.
Tra le novità anche l’innalzamento delle firme necessarie per la presentazione delle candidature. La richiesta sarebbe arrivata dai servizi legali del parlamento. Dalle attuali 30 firme, così, si dovrebbe arrivare al quelle di almeno il 2% degli aventi diritto. Un simile provvedimento, però, rischierebbe di disincentivare ulteriormente la presentazione delle candidature proprio in una circoscrizione dove sin troppo spesso si è vista solo la partecipazione al voto del candidato uscente.
Molto probabilmente se la norma fosse stata in vigore alle scorse parlamentari i candidati in lizza sarebbero stati solo due, togliendo di fatto già in partenza dai giochi uno dei contendenti. Da considerare, inoltre, come si è visto anche nelle recenti tornate elettorali, che la raccolta delle firme all’interno della Comunità nazionale italiana si è rilevata abbastanza difficoltosa, perché molti hanno voluto evitare di esporsi in prima persona con il sostegno diretto ai riottosi contendenti in lizza. Probabilmente questo sarà uno dei punti da valutare attentamente in ambito minoritario.
Stefano Lusa