Correva l’anno 1990. Alle prime elezioni democratiche i candidati della minoranza nella camera sociopolitica erano tre: Sandro Kravanja, Rosanna Vuk e Roberto Battelli. I primi due erano esponenti del COMI, un partitino della comunità italiana, fondato a Pirano, che ebbe vita brevissima, il terzo era stato candidato dai capodistriani. Senza elenchi elettorali particolari votarono tutti coloro che ne avevano voglia e che richiesero la scheda al seggio. Il risultato fu incerto fino all’ultimo. Kravanja e Battelli androno al ballottaggio, mentre la Vuk venne estromessa dalla corsa per pochi voti. Alla fine, vinse Battelli, che rimase in parlamento finché non decise di gettare la spugna.
Fu con le elezioni del 1992 che venne introdotto l’elenco elettorale particolare. All’epoca l’elenco etnico faceva paura, ma la garanzia sembrava essere quella che a farlo sarebbero state le minoranze stesse. Recentemente la competenza, senza proteste, è passata al ministero dell’Interno, che ora possiede l’evidenza degli elettori delle comunità nazionali atoctone.
Per eleggere i parlamentari della minoranza fu adottato il Borda. Un sistema comunemente usato per scegliere i migliori giocatori delle leghe americane e che a livello politico è utilizzato solo in due stati della Micronesia: Nauru e Kiribati.
Alle elezioni successive Pirano schierò Amalia Petronio. Sull'onda lunga delle ruggini con Capodistria, dopo la tornata elettorale di due anni prima, vinse nuovamente Battelli. Quattro anni più tardi scesero in campo una serie di figure di primo piano del mondo minoritario: Mario Steffé, Gianfranco Siljan ed Alberto Scheriani. Fu la prima volta che il punteggio servì a qualcosa. Nuova vittoria di Battelli. Poi più nulla. Il parlamentare della minoranza non ebbe contendenti, almeno fino a quando non cominciò a prendere posizioni sempre più critiche nei confronti del centrosinistra, di cui era stato fedele alleato.
Nel 2008 si presentò ai nastri di partenza Aurelio Juri- un ex grosso calibro degli ex comunisti - che sfidò Battelli assieme a Luciano Monica, Sebastian Pelan e Miro Dellore. Nuova vittoria di Battelli e nuovo periodo senza controcandidati, almeno sino al 2018 quando l’assalto al seggio vacante venne dato da Bruno Orlando, Maurizio Tremul e Felice Žiža. Proprio allora ricominciò con slancio la discussione sulla necessità di cambiare il sistema di voto.
Ora con le modifiche alla legge che regola le elezioni dei deptati delle minoranze si è scelta l’opzione scartata negli anni Novanta. Se avesse dovuto decidere la minoranza, senza tener conto di nulla, probabilmente si sarebbe adottato il maggioritario a doppio turno. Una simile proposta però difficilmente avrebbe potuto trovare in parlamento la maggioranza di due terzi, necessaria per modificare le regole del gioco. Il rischio era quindi era quello di non cambiar nulla e di continuare a votare con il confuso sistema a punti. Alla fine a pesare sul piatto della bilancia è stata da una parte la necessità di eleggere tutti insieme i deputati e dall’altra la considerazione che in caso di pareggio tra centrodestra e centrosinistra, la campagna elettorale per il ballottaggio avrebbe calamitato l'interesse di tutta la Slovenia, con il coinvolgimento di partiti politici e mass-media. Un vero e proprio caso nazionale con tanti, troppi riflettori accesi sulle solite zuffe tra candidati e clan contrapposti all’interno della minoranza. Uno spettacolo che fortunatamente è stato risparmiato alla comunità nazionale ed anche al paese.
Stefano Lusa