La presa di posizione di una trentina di docenti della Facoltà di studi umanistici dell’Università del Litorale contro l’utilizzo del nome “Istria slovena” è da certi punti di vista sorprendente. Questa dichiarazione, ha detto la professoressa Katja Hrobat Virloget, “esprime la voglia di essere multiculturali in un territorio multiculturale e di rispettare tutte le sue componenti etniche”. Secondo la Hrobat il problema è che spesso di sente solo una voce e proprio questo appello parla del desiderio di far sentire con un altro punto di vista. La professoressa Neža Čebron Lipovec assicura che le firme sono letteralmente "piovute e questo è di non poca importanza, visto che la Facoltà di studi umanistici è composta da vari dipartimenti e da persone che lavorano in svariati campi". Tutti quelli che hanno firmato sono concordi che la scelta Istria slovena non è proprio adeguata.
Un colpo assestato al Centro di ricerche scientifiche di Capodistria, intorno al quale si era raccolto quel nucleo di intellettuali sloveni della zona e triestini che avevano creato i presupposti per far nascere l’Università del Litorale. Sono proprio loro che sul territorio hanno avuto e continuano avere una indiscussa egemonia culturale. La storia della denominazione Istria slovena è eloquente, tanto che il sospetto è che la scelta di questo nome poggi su “fondamenti scientifici” costruiti negli anni proprio per arrivare ad avvalorare questa tesi.
In ogni modo è confortante che quella che è stata una Università silenziosa e assente dal dibattito politico e culturale abbia fatto sentire la propria voce e che i professori sentano il bisogno di parlare. Il dibattito adesso probabilmente è riaperto e non solo sul fatto di usare o meno l’aggettivo sloveno davanti al nome Istria. Se, per dirla con la Hrobat, la voglia è quella "di essere multiculturali in un territorio multiculturale e di rispettare tutte le sue componenti etniche” siamo sulla strada giusta.
Stefano Lusa