Foto: BoBo
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A ventisei anni dall’approvazione della legge elettorale, le Commissioni elettorali si arrovellano ancora il cervello per capire come conteggiare i voti dati ai candidati delle minoranze. All’epoca il legislatore stabilì che per i seggi specifici si sarebbe usato il metodo Borda: il cervellotico sistema che impone all’elettore di stilare una graduatoria tra i candidati.

Non si tratta, quindi, di scegliere il candidato preferito, ma di fare una vera e propria classifica seguendo un complesso ragionamento che impone all’elettore di continuare a scegliere il meno peggio tra quelli che rimangono sulla lista. Il metodo funziona benissimo quando si tratta di eleggere lo sportivo dell’anno; un po’ meno, invece, nel caso delle elezioni parlamentari. Nel mondo sono ancora due gli stati ad adoperare questo procedimento: Nauru e Kiribati, due piccoli paesi insulari dell’Oceania (sic!).

Ai candidati vengono assegnati dei punti in base all’ordine di preferenza stabilito dall’elettore. Nel nostro specifico caso, dove i candidati in lizza sono tre, al primo andranno tre punti, al secondo due ed al terzo uno. Gli elettori, però, non è detto che seguano scrupolosamente le istruzioni. Nemmeno i candidati, del resto, non hanno nessun interesse che i propri sostenitori votino anche per gli altri. Facile, perciò, ipotizzare che saranno in molti ad assegnare la preferenza a solo uno dei candidati in lizza. Nessun dubbio, in questo caso, sulla validità della scheda. Resta da capire come assegnare i punteggi.

In passato, la Commissione elettorale centrale ha lasciato che quelle particolari facessero come credevano e così ungheresi ed italiani non hanno mancato di contare in maniera diversa. Questa volta, invece, ha fornito indicazioni contraddittorie. Alla fine di aprile la tesi era che nel caso si fosse votato solo per un candidato gli altri si sarebbero comunque divisi i punti che restavano (nel nostro caso 1,5 punti a testa); mentre la scorsa settimana, a pochi giorni dal voto, ha cambiato idea ed ha stabilito che ai candidati non votati non sarebbero stati attribuiti punti. In questo modo il voto dell’elettore che compilerà correttamente la scheda avvantaggerà molto meno il candidato prescelto, rispetto a chi invece non seguirà le istruzioni che troverà sulla scheda.

Per certi versi si è arrivati un maggioritario secco che porterà molti a votare solo per un candidato, consapevoli che in tale maniera non gli daranno soltanto un voto, ma ben tre punti di vantaggio sugli altri due contendenti. La competizione si preannuncia serrata e Tremul, Žiža e Orlando potrebbero giocarsi il seggio in parlamento all’ultimo punto. A seconda delle modalità di conteggio potrebbe risultare eletto uno piuttosto che l’altro. Vista la confusione le polemiche, i ricorsi e gli strascichi giudiziari sono tutt’altro che esclusi.

La posta in palio è altissima. I candidati in lizza si giocano una fetta importante del loro futuro politico. La tensione cresce di ora in ora. E’ difficile chiedere loro in questo momento di avere pietà della Commissione elettorale e di tutto quel carrozzone che in 26 anni non è stato capace di dare regole certe al voto minoritario. Resta solo da appellarsi alla loro saggezza e sperare che trovino la forza di dichiarare prima del voto che comunque vada la partita si chiuderà il 3 giugno. Per farlo, però, avrebbero bisogno di regole precisissime, che peraltro non sono ancora arrivate. A poche ore dal voto, infatti, non sono ancora del tutto chiari i casi in cui le schede saranno considerate non valide le schede.

A chi andrà in parlamento, poi il compito di fare presto una nuova legge elettorale. Nell’impossibilità di un doppio turno, anche il maggioritario secco potrebbe andare benissimo.