Niente firma ancora dell’accordo tra il governo ed i deputati delle minoranze. Se ne continua a parlare da settimane, ma sul documento non è ancora stata raggiunta un’intesa. Secondo i bene informati ci sarebbero solo da definire alcuni dettagli, ma la trattativa va a rilento.
Incassata la fiducia, da parte dei deputati delle minoranze, per il premier Marjan Šarec, questa non è certo una priorità. Prima del voto, il deputato della Comunità nazionale italiana Felice Žiža aveva annunciato che il documento si sarebbe firmato, probabilmente già nei giorni successivi e che in esso c’era praticamente quello che aveva promesso in campagna elettorale. Ora Žiža precisa che in queste settimane nulla è stato tolto dall’intesa, ma anzi, che rispetto alla versione iniziale è stato aggiunto qualcosa. Chi ha visto la prima bozza dell’accordo, comunque, parla di un testo non superiore alla paginetta e mezza.
In Slovenia, intanto, l’attenzione è tutta puntata sulle prossime elezioni amministrative. L’unica certezza è che tra i candidati ci sarà Alberto Scheriani. Il vicesindaco di Capodistria, nonché presidente della Can Costiera conta di poter continuare ad occupare gli attuali incarichi. Per lui la riconferma a Capodistria sembra scontata, possibile e probabile anche la sua riconferma alla guida della Can Costiera, anche se lì dovrà fare i conti soprattutto con gli umori dei piranesi.
Dalla stretta prospettiva capodistriana la crisi che ha travolto l’Università popolare di Trieste appare lontana. Quello che si è dato ad intendere è che quelle sono faccende che non coinvolgono più di tanto la minoranza in Slovenia e che al massimo riguardano l’Unione Italiana e il suo presidente Maurizio Tremul. Quest’ultimo, per ora, sembra confortato dal suo viaggio a Roma, da dove sarebbero giunte assicurazioni che nulla cambierà per la minoranza e che i soldi italiani anche in futuro continueranno ad arrivare.
Il presidente dell’Unione, intanto deve fare i conti con una rumorosa frangia tanto all’interno della minoranza quanto all’esterno secondo cui la prima cosa da fare sarebbe quella di liberarsi di lui. Quello che appare chiaro, al momento, è che non mancano coloro che vorrebbero sfruttare la crisi dell’Università popolare di Trieste, per rimettere completamente in discussione i finanziamenti italiani alla minoranza. Il piatto sul tavolo è ghiotto e ognuno sta cercando di giocare al meglio le proprie carte. Sta di fatto che senza le sovvenzioni italiane la Comunità nazionale italiana rischia di vedere drasticamente ridotte le sue attività. Se Roma dovesse staccare anche solo parzialmente la spina, il problema non sarà solo dell’Unione Italiana. Lubiana e Zagabria potrebbero, infatti, sentirsi autorizzate a fare altrettanto. Per molti sarebbe una catastrofe.