Pušenjak è sicuramente uno dei maggiori interpreti del giornalismo della sinitra liberale slovena; un raffinato narratore ed un attento osservatore di una società in cambiameto, capace di scrivere pezzi e di fare giornali che lasciano il segno. Nel volume affronta di petto il rapporto tra stampa, politica ed assetti proprietari delle testate. Un dibattito attualissimo, anche oggi, che cominciò ad entrare nel vivo nel 2004, quando Janez Janša prese per la prima volta le redini del governo.
A quindici anni dall’assalto, di una serie di faccendieri, alla proprietà dei giornali il bilancio è desolante ed a perdere è stata proprio la professione. Per Pušenjak la crisi della carta stampata non era (e non è) un ineludibile fenomeno mondiale, ma è frutto di scelte sbagliate, che hanno messo a capo delle redazioni persone senza qualità, che non avevano fatto la gavetta e che poco e male conoscevano il mestiere. Uomini che non avevano nulla da insegnare e che non hanno mai capito che la potenza e la fortuna dei giornali sta nelle storie che raccontano e nella capacità di scriverle con maestria.
Lo sapevano fare quelli della Sobotna priloga del Delo. L’inserto del sabato del quotidiano era considerato il miglior prodotto giornalistico dell’epoca. A guidarlo c’era Ervin Hladnik Milharčič, che nel 2006 venne rimosso dal nuovo caporetattore del giornale. Lui non si era piegato al nuovo corso, giocando fino all’ultimo la sua partita e uscendo di scena senza accettare il ruolo della vittima. Per Pušenjak “un manvratore di buldozer aveva cacciato il professore”, dimostrando presto che un incompetente poteva in breve tempo scardinare un grande giornale.
Stefano Lusa