Prima l'opposizione avrebbe potuto dimostrare di non avere i numeri per mettere in crisi Janša e poi il governo avrebbe potuto far capire a sua volta di non avere la maggiornaza necessaria per defenestrare il contestato presidente della camera. Non se ne è fatto nulla, anche perché la riunione del parlamento è terminata prima di iniziare.
La coalizione ed i suoi alleati non sono riusciti a trovare i numeri necessari per far approvare l’ordine del giorno e così i lavori si sono chiusi. Dal governo sono subito piovuti strali all’indirizzo del centrosinistra, colpevole di bloccare con subdoli giochi di palazzo l’approvazione di provvedimenti importanti per il paese, d’altra parte non si è mancato di chiedere a gran voce le elezioni anticipate, visto che quella andata in scena non sarebbe stata altro che l’ennesima dimostrazione che nel paese non c’è più una maggioranza.
Sta di fatto che la politica slovena continua ad essere in una fase di stallo, anche se, grazie all’ordinamento costituzionale, Janša può continuare tranquillamente a governare, almeno finché ne avrà voglia. Intanto sta per raggiungere quello che era il suo principale obiettivo: prendere in mano le redini dell’Unione Europea nel semestre di presidenza slovena. Accadrà il primo luglio prossimo. Sarà la seconda volta della Slovenia e sarà la seconda volta di Janša. Non ci saranno le luci della ribalta del 2008, quando Lubiana, come primo dei paesi di nuova adesione, assunse la guida del Consiglio dell’Unione Europea. All'epoca la Slovenia era la scolara più diligente, quella che meglio e prima di altri aveva acquisito le regole e gli standard democratici occidentali. Oggi il sogno occidentale sembra svanito, mentre i punti di riferimento sono oramai rivolti ad est.
Stefano Lusa