Borut Živulović/BoBo Foto:
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Dopo un mese a seguire le elezioni nel vicino Friuli Venezia Giulia ho capito una cosa: il linguaggio della politica è cambiato e a comprenderlo bene sono stati quelli che per semplificazione vengono definiti “movimenti populisti”. In particolar modo la Lega che in FVG aveva già fatto il botto alle nazionali dello scorso marzo e con il voto regionale e la vittoria di Massimiliano Fedriga si è confermata la novità di questa elezione.

Un movimento, quello leghista, che fino a pochi anni fa riusciva ad arrivare a stento al 4% delle preferenze, ma che grazie all’ “operazione simpatia” fatta da in primis dal suo leader Matteo Salvini e a livello locale dal triestino Fedriga ha portato in poco tempo questo partito a superare la soglia del 30%.

Sì, perché proprio di questo si tratta visto che alla fine le persone sono mosse nelle loro scelte politiche anche dall’empatia e sicuramente i leghisti sono stati più bravi a giocare su questo fronte. Baci, abbracci e tanti selfie hanno fatto sì che “la gente” avesse l’impressione che qualcuno finalmente la stesse ascoltando e che si potesse dare una risposta alle sue tante, troppe paure. Perché la paura ormai la fa da padrona in tutte le elezioni. La paura di restare senza lavoro, degli stranieri, di non venire curati…

E a questa paura Bolzonello e la sua alleanza di centrosinistra non hanno saputo dare una risposta, arroccati sull’idea che basta mettere in ridicolo il “nemico” per riuscire a vincere. Ma questo schema non funziona più, e questa è solo l’ultima sconfitta inanellata dalla sinistra che nonostante tutto non cambia il suo modo di comunicare, rendendosi sempre più “antipatica” all’elettore medio. E “vaffa” al realismo sventolato dalla giunta uscente, perché “la gente” ha bisogno di speranza e per coltivare il futuro non le basta l’idea che l’economia regionale cresca, se alla fine figli e nipoti non trovano lavoro.

E la paura non ha trovato risposta neanche nella democrazia della rete del Movimento cinque stelle che ha guadagnato ancora meno delle nazionali, forse penalizzato proprio dal suo sistema di scelta dei candidati che ha portato alla ribalta persone, magari anche valide, ma poco conosciute e con poca capacità di bucare lo schermo. Perché anche questo ci vuole e Massimiliano Fedriga lo sa bene. Qualcuno dice che abbia giocato slealmente proprio puntando sulla sua grande presenza mediatica, ma ricordiamo che anche nel 2013 Debora Serracchiani era la lanciatissima promessa del PD, ospitata in tutte le trasmissioni, ma che riuscì ad imporsi solo per un pugno di voti. Cosa che non è accaduta a Fedriga che, volendo usare un’immagine colorita, “li ha asfaltati tutti”. D’altronde la giunta uscente con le sue riforme non è riuscita sicuramente a rendersi “simpatica”, parlando con toni che alcuni definiscono “arroganti” e con un burocratese che ha allontanato sempre di più anche quelli che nel centrosinistra ci credevano.

Ora non resta che vedere se i cittadini del Friuli Venezia Giulia hanno riposto bene le loro speranze e se cinque anni di governo della regione a trazione leghista porteranno i cambiamenti che tanto piacciono alla “gente”; o se nel 2023 a contendere lo scettro al leghista Fedriga arriverà qualche candidato, forse di centrosinistra, forse pentastellato o forse chissà… visto che ormai la politica sta andando verso territori inesplorati e il cammino si fa sempre più incerto. Ma questa sarà un’altra storia. Saluti dal Friuli Venezia Giulia!