Un emendamento passato in sordina in una riunione Comitato interni in cui il nodo del contendere era quello delle residenze fittizie e dove la questione della schedatura etnica e religiosa non è stata al centro del dibattito e delle riflessioni dei parlamentari. L’introduzione delle domande sulla nazionalità, sulla lingua e sulla religione sono state supportate dai Democratici di Janez Janša e dal Partito Nazionale. In un organismo composto da 19 membri sono bastati i loro sei voti per far passare l'emendamento. Quattro i voti contro che sono arrivati da Nuova Slovenia, del Partito del Centro Moderno e dal Partito di Alenka Bratušek, mentre la legge nel suo insieme è stata licenziata dal comitato con 10 voti a favore e uno contrario, quello di Boštjan Koražija della Sinistra.
Immediata la reazione del Garante della privacy, Mojca Prelesnik, secondo cui la raccolta di questi dati mette a rischio i gruppi più deboli come gli stranieri e le minoranze e potrebbe portare verso uno stato di polizia. In settimana un gruppo di cittadini, capitanati da Clio Diabaté, ha inoltrato una petizione a tutte le forze parlamentari, chiedendo di cassare queste tre voci dalla legge. Tra i firmatari esponenti di primo piano della minoranza, ma anche una serie di personaggi di spicco della vita sociale della costa slovena. Proprio la presenza di quest’ultimi, accanto al parere del Garante della privacy, ha spinto la Sinistra a proporre alla camera un emendamento. Un analogo provvedimento è stato inoltrato anche da due forze della maggioranza: Partito del Centro moderno e Nuova Slovenia.
La faccenda non è comunque al centro del dibattito politico in Slovenia e non sembra intreresare più di tanto i partiti. Il deputato della minoranza italiana, Felice Žiža, che sta cercando di tessere la tela per arrivare alla bocciatura del provvedimento, è fiducioso e si dice convinto che la contestata dicitura sarà cancellata dalla legge. In aula avrà però le sue gatte da pelare, per riuscire a trovare una maggioranza certa e per cercare una sintesi tra l’emendamento dei partiti di maggioranza e quello della Sinistra. Quest’ultimi, per bocca di Matej Tašner Vatovec, hanno detto che non ne faranno una questione di prestigio e che il loro intento è quello di bocciare la schedatura etnica. Meglio, però, non dare nulla per scontato, anche per evitare, in caso di sconfitta, di dover intraprendere la difficile strada della Corte costituzionale che i parlamentari delle minoranze, le Can e una serie di altre organizzazioni della società civile sarebbero costrette a percorrere per non rinunciare a difendere i diritti delle comunità che rappresentano.
Stefano Lusa