Il paese è in subbuglio: le forze politiche si azzuffano senza risparmiarsi colpi bassi, in piazza la gente protesta contro il governo e chiede elezioni anticipate. La coalizione di Janez Janša perde pezzi, mentre lui non sembra aver nessuna intenzione di andarsene e getta benzina sul fuoco per alimentare ulteriormente il conflitto. Per i suoi detrattori la Slovenia sta andando verso una pericolosa deriva autoritaria, per i suoi uomini la sinistra sbraita solo perché sta perdendo gli antichi privilegi.
In questi giorni non sono mancate le speculazioni su un possibile voto di fiducia al legato alla defenestrazione del presidente della Camera di Stato, Igor Zorčič. Per due volte la coalizione ed i suoi alleati non sono stati in grado di trovare i 46 deputati necessari per sbarazzarsi di lui. In entrambi i casi il conto si è fermato a 45. Se Janša dovesse decidere di giocare questa carta la pressione sarebbe tutta sui suoi alleati esterni, cioè su quei deputati che gli consentono di galleggiare, Žiža compreso.
Proprio sul parlamentare italiano, in queste settimane non sono mancati di piovere strali. Si stanno muovendo tutta una serie di personaggi locali e nazionali che continuano "raccomandargli" prudenza. Il consiglio interessato è quello di mollare Janša prima che sia troppo tardi e soprattutto di non immischiarsi in faccende che non lo riguardano. Sui social c'è chi gli dice che pagherà il conto, chi gli dà appuntamento alle urne e chi chiede dibattito. Nella comunità italiana, come tradizione, si sta a guardare, si dice poco, si cerca di far finta di nulla e soprattutto non si riflette dove sta andando il paese. Intanto sta crescendo il fastidio e pian piano si sta iniziando nuovamente a risvegliare quella caratteristica forma di nazionalismo rosso che la minoranza ha già avuto modo di sperimentare sulla propria pelle in passato.
Stefano Lusa