Foto: Reuters
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Di sicuro è stato il mondiale del terremoto artificiale prodotto in Messico, con un paese che salta al gol-partita che stende la Germania, che esce al primo turno da campione in carica (come la Spagna nel 2014 e l'Italia nel 2010), con tanto di sconfitta contro la Corea del Sud, che forse beneficia della strategia di mischiare numeri e ruoli per confondere gli osservatori nelle ultime amichevoli. Tuttavia alcuni dei suoi calciatori, non avendo centrato gli ottavi, potrebbero ritrovarsi obbligati ad appendere gli scarpini al chiodo per un paio d'anni e servire la patria facendo il militare, obbligatorio ma derogabile se si dimostra di aver raggiunto risultati eccellenti per il buon nome del Paese.

E' stato il mondiale del difensore bianco della Nigeria, degli "oriundi" e di Ziyech, che alcuni anni fa si prese del tonto da Van Basten per non aver risposto alle convocazioni dell'Olanda. Gli "orange" in Russia però non c'era al contrario del Marocco, che ha ovviamente e legittimamente convocato Ziyech, esterno offensivo nato in olanda con origini marocchine.

E' stato il mondiale Tabarez, il ct più anziano che - nonostante la malattia -, accompagna il suo Uruguay fino ai quarti di finale. E' il Mondiale di Cissé, il più giovane tra gli allenatori, che da un'identità al suo Senegal, ammettendone i limiti subito dopo l'eliminazione per via del cosiddetto criterio del fair play, che privilegia quel Giappone che con Benj al posto di Alan Crocker, magari avrebbe eliminato il Belgio agli ottavi. Senegal e Giappone infatti erano seconde nel gruppo H, in una situazione di parità assoluta, per cui - per la prima volta nella storia - è stata applicata la regola secondo cui passa la squadra che ha ottenuto meno ammonizioni ed espulsioni.

E' stato il Mondiale degli outsider, dell'Iran che difendeva in sette, davanti alle proprie ragazze, e degli assi stanchi, che sbagliano tanti rigori trovando tanti portieri emergenti bravi a pararli. E' stato il mondiale delle cadute di Neymar, che tutto fa tranne che prender per mano il Brasile. Un po' come Messi con l'Argentina, ma ci eravamo abituati. E' stato il mondiale con la quarta sostituzione possibile ai tempi supplementari.

E' stato un mondiale nel quale molto - dal punto di vista organizzativo - sembra essere filato liscio, vinto dalla squadra più forte e pragmatica, nonché una delle più giovani e variopinte. Probabilmente ci toccherà abituarci a veder la Francia arrivare in fondo alle prossime competizioni internazionali. Ma in fondo ha vinto anche il croato Dalić, allenatore emergente chiamato a guidare un'outsider a poche ore dagli spareggi di qualificazione, capace di trasformare un gruppo di primedonne in una squadra compatta e coesa, che si arrende solo in finale, raggiunta disputando tre volte i supplementari di una nazionale accompagnata in tribuna d'onore dal proprio Presidente della Repubblica con una maglia ufficiale da calcio, con tanto di sponsor tecnico in vista, che festeggiava le vittorie negli spogliatoi con i giocatori, che se fosse stato un uomo in uno sport femminile chissà cosa si sarebbe detto e scritto. Per i Croati, è stato un mondiale finito ad applaudire la propria squadra sconfitta in finale, danzando e cantando fino a notte fonda: poco importa se nei Balcani può capitare di celebrare una sconfitta, la speranza è che il successo sportivo non travalichi in altro e che l'integrità del calcio sia preservata, a scapito delle speculazioni politiche o economiche. E' stato il Mondiale delle acquile e delle provocazioni, che se limitate dal rispetto, ci stanno e fanno parte del gioco, come accade in tutti i bar al lunedì mattina.

E' stato un torneo ricco di autogol e gollonzi, con la tripletta sull'esordiente Panama utilissima all'inglese Kane per imporsi nella classifica dei marcatori. Ha anche esordito il VAR, che magari ridurrà pure gli errori, ma quante coronarie fa saltare in quegli interminabili istanti in cui l'arbitro pensa "e ora che faccio?". E tanti saluti agli esclusi, dagli Azzurri all'Olanda, dagli Stati Uniti al Camerun, da Nainggolan a Ibrahimović. A proposito, chissà cosa starà pensando l'ex ct italiano Ventura nel vedere la Svezia che, quadrata, gagliarda e compatta, si è ritrovata ai quarti. Perché magari, per una volta, è stato pure divertente fare una cosa diversa e guardare le partite con più spensieratezza, senza tutti quei calcoli e quella pretattica che ci si ritrova a fare quando gioca l'Italia. Un'esperienza da fare una volta nella vita, diciamocelo.

E' stato un mondiale vissuto dietro a un microfono, in un mese vissuto "a ritmo di sport", tra partite, viaggi, afa, orari sballati, pasti approssimativi, interviste e partite. Un mese stancante e divertente, vissuto simultaneamente nella speranza che finisse presto e che durasse per sempre. Un mese vissuto cercando di trovare e raccontare la dimensione umana in un mega-evento globale, di scegliere angoli originali e dar voce a chi ha cose da dire. Un mese speso a raccontare il calcio per quello che è, cioé il gioco più bello del mondo, un linguaggio universale e un fenomeno globale, fatto di tecnica, di tattica, di storie, di politica e politiche, di connessioni con la società circostante. Un mese trascorso nella più totale libertà editoriale, assieme a tecnici sempre gentili e a tanti amici vecchi e nuovi, sempre disponibli a mettere a disposizione la propria competenza e il proprio tempo per raccontare quella scintilla che si accende ogni volta che quel pallone rotola, preso a calci da ventidue ometti in braghe corte, facendoci gioire, arrabbiare, trattenere il fiato o scaricare la tensione. Dandoci un pretesto per incontrarci, parlare, riflettere, sorridere e condividere momenti ed emozioni. Perché questo accomuna tutti quelli che, a tutte le latitudini e ciascuno a proprio modo, fermiamo tutto e diamo sfogo a quella passione infantile e primordiale che il pallone sa dare.

E proprio la passione rimane il principale valore aggiunto del calcio (e dello sport in genere), ma anche un ingrediente immancabile in una vita felice: trovare qualcosa per cui valga la pena emozionarsi, svegliarsi e svoltare le giornate, che faccia ridere o distrarre, sotto un cielo sempre più cupo, intollerante, spietato, in un mondo sempre più recalcitrante ai sorrisi, alle emozioni, all'originalità, nel quale le relazioni umane sono sempre più "social".

A volte le soluzioni dei problemi più complessi sono semplici, irrazionali e illogiche. Come un pallone che gonfia una rete.

Statemi bene. Buona estate, a presto.