Dopo oltre 15 anni di assenza torna negli organismi gestionali dell’Università popolare Piero Colavitti, nominato nel Consiglio di amministrazione dal Comune di Trieste. Colavitti già in passato avrebbe voluto radicali riforme sia per l’ente sia per l’impiego dei finanziamenti destinati alla Comunità nazionale italiana.
E’ andata bene perché abbiamo constatato che sono arrivati i fondi da Roma, per cui il Consiglio direttivo, di cui (per ora) ero un semplice uditore, ha deliberato diversi pagamenti per la Comunità Nazionale italiana, per svariati progetti e attività. Erano finanziamenti che si aspettavano da mesi, ma che l’UPT non poteva pagare.
Da questo punto di vista una schiarita, ma la situazione all’interno dell’Università popolare di Trieste rimane complicata, tra dimissioni e buchi.
Un buco che si è formato negli ultimi anni, non solo nel corso del 2017. Io da domani comincerò l’esame dei conti, della contabilità. Sono certo che entro questo mese chiuderemo il bilancio e lo faremo approvare, indipendentemente dal risultato che ci sarà. Ci sono state delle spese - questa è stata la giustificazione del direttore - non previste, che il Ministero degli Esteri ha chiesto di sopportare: un importante concerto a Zagabria e altre cose che hanno aggravato la situazione.
Bisogna tener conto che l’Università popolare nei propri ricavi ordinari ha soltanto i corsi serali, a cui si aggiunge il 10% dei contributi che arrivano per la Comunità nazionale Italiana. Bisogna fare affidamento su questi proventi e e quindi prevedere la spesa. Se i mezzi non sono sufficienti per far fronte ai costi generali bisogna ridurli. Questo discorso non è stato fatto negli ultimi anni e le responsabilità, pertanto, non sono di una persona soltanto.
Ci sarà la necessità di ripensare allora sia alle modalità di finanziamento sia il ruolo dell’Università popolare di Trieste sia quello che si andrà a fare con questi mezzi.
Io sono andato via dall’Università popolare nel 2001. All’epoca avevo proposto alla presidenza della Giunta regionale - preparando io spesso un disegno di legge - di trasformare l’Università popolare in una Agenzia regionale. Spiegai che se si continuava così, visto che i fondi stavano diminuendo, ad eccezione di qualche anziano, in Istria, Fiume e Dalmazia non ci sarebbe stato più nessuno che avrebbe parlato italiano. Per far fronte a questo pericolo bisognava agire già in passato. Non si è fatto e spero che lo si faccia da adesso.
Quello che chiedo è l’applicazione delle regole. Se si applicano le tante regole che abbiamo non si litiga. Io non sono venuto a fare guerre contro questo o quello. Qui bisogna salvare la baracca e pensare al futuro. L’Unione Italiana deve fare un esame critico di come vengono impegnati i fondi. Mi chiedo se è possibile spendere 116.000 euro all’anno per due soli studenti all’Università di Pola? Mi sembrano tanti soldi!
È mai possibile pagare le spese per il funzionamento di 4-5 comunità, che -come è stato detto nel direttivo - sono chiuse da anni?!? Queste cose vanno eliminate. Certo che facendolo ci si crea delle inimicizie, ma se vogliamo salvaguardare la Comunità Nazionale Italiana, la lingua, la cultura ed altro ancora bisogna fare questo tipo di esami ed essere drastici. I soldi vadano impiegati per finalità, per progetti!
Insomma è necessaria una seria riflessione.
Oggi la presidente, la professoressa Benussi, ha formalizzato le sue dimissioni, che verranno presentate nel prossimo Consiglio di amministrazione. Lei aveva rassegnato il mandato in una lettera al Governatore Fedriga, ma non è lui che nomina il presidente. Il Governatore nomina un membro nel Consiglio di amministrazione, poi è quest’ultimo che poi elegge il presidente, che per statuto può essere il rappresentante della Regione o quello del Ministero degli Affari Esteri. Questo l’abbiamo ottenuto.
Adesso spero che la regione nomini, il prima possibile, i suoi due membri, che si trovi il nuovo presidente e che si riprenda a lavorare seriamente, riunendo il Comitato di coordinamento per far presente tutte queste situazioni ai signori del Ministero degli Esteri e a tutti gli altri. Bisogna cambiare completamente, bisogna girar pagina.
Stefano Lusa