Un maestro del Rinascimento veneto, che ha lasciato anche in Istria testimonianze significative della sua arte: è Vittore Carpaccio, ossia colui che è considerato il più grande narratore e vedutista ante litteram della pittura veneziana, ora celebrato in una importante retrospettiva a Venezia, nell'Appartamento del Doge a Palazzo Ducale, dal 18 marzo al 18 giugno. Una mostra molto attesa, con diversi prestiti internazionali, che consentono di riportare in Laguna opere che ne sono da secoli lontane, alcune delle quali provenienti da territori un tempo legati alla Serenissima. In questi giorni da Capodistria, antico capoluogo dell'Istria veneta, sono partiti alla volta di Venezia due imponenti scene bibliche risalenti al 1523, in origine portelle dell'organo del duomo, e che oggi ne ornano il presbiterio. Due dipinti di eccezionale qualità che rappresentano la più tarda opera documentata dell'artista (Vittore Carpaccio morì nel 1525 o 1526).
La prestigiosa trasferta, ci spiega il parroco, don Primož Krečič, sarà anche l'occasione per presentare il meticoloso restauro a cui le due tele sono state sottoposte nei laboratori dell'Istituto per la tutela dei beni culturali della Slovenia, a Lubiana. Un intervento messo in cantiere subito dopo la loro esposizione nella mostra che a Conegliano, nel 2015, ha riscoperto e valorizzato l'ultima stagione pittorica di Carpaccio e la sua produzione di committenza istriana.
Produzione che a Palazzo Ducale sarà rappresentata anche da un'altra opera, la stupenda Pala di Pirano, forse il risultato più alto della stagione istriana di Carpaccio, eseguita nel 1518 per i francescani e impreziosita da una bellissima veduta della città sullo sfondo. Il dipinto è stato concesso in prestito dal Museo Antoniano di Padova. La complessa vicenda dei tesori d'arte che nel 1940 lasciarono l'Istria, allora italiana, per essere messe al riparo delle minacce della guerra, coinvolge infatti anche questo dipinto. Chiusa in una cassa, la tela passò da Trieste al centro di raccolta di Villa Manin di Passariano, per arrivare quindi alla Provincia dei minori conventuali di Padova, che la custodisce tuttora.