Il Carpaccio che Capodistria, antico capoluogo dell'Istria veneta, ha celebrato nel 2016, a cinquecento anni dalla maestosa Sacra conversazione del duomo (opera tuttora in attesa di restauro) e Pirano ha ricordato a ruota nel 2018, cinquecentenario della Madonna dipinta per i francescani (oggi al Museo Antoniano di Padova), è il Carpaccio dell'estrema fase creativa (il grande pittore veneziano morirà nel 1525 o 1526). L'ultimo, sorprendente Carpaccio, che una mostra a Conegliano, sempre qualche anno fa, ha riscoperto e valorizzato, sottraendolo dai luoghi comuni del ripiegamento provinciale e della 'decadenza', e mettendone in luce, piuttosto, l'evoluzione del linguaggio artistico, diventato per certi versi più maturo e drammatico.
Certo, il maestro, a quel tempo, non è più il cantore di Venezia, il sublime "narratore di storie" che ha raccontato con dovizia di particolari e realismo lo spettacolo sfarzoso della Serenissima nel suo momento più sfolgorante, fra Quattro e Cinquecento, componendo scene in un delicato equilibrio fra tensione spirituale, simbolismo, vita di tutti i giorni. Il Carpaccio che, invece, vedremo in quello che si annuncia come il più atteso evento espositivo veneziano di questa primavera: la grande retrospettiva "Vittore Carpaccio. Dipinti e disegni", che, dal 18 marzo al 18 giugno, sarà allestita a Palazzo Ducale, a Venezia. Sarà la prima mostra monografica su uno dei giganti del Rinascimento veneto dopo la storica esposizione del 1963, all'epoca ospitata nello stesso Palazzo Ducale.
Realizzata dai Musei Civici Veneziani in collaborazione con la National Gallery di Washington (dove attualmente si trova esposta), la rassegna conta su prestiti italiani e internazionali concessi da musei, chiese, istituti e collezioni private che consentono di riportare a Venezia opere da secoli lontane dalla laguna, talune anche da territori che furono legati alla Serenissima come l'Istria e la Dalmazia.
Una mostra che troverà una naturale appendice nei cicli decorativi carpacceschi presenti a Venezia, dalle Gallerie dell'Accademia (con il bellissimo e grandioso ciclo delle Storie di Sant'Orsola, una delle opere-simbolo delle Gallerie) alla Scuola di San Giorgio degli Schiavoni, eretta dalla comunità dalmata veneziana, e per la quale Carpaccio dipinse episodi di leggende dei santi dalmati Giorgio, Trifone e Girolamo.