Carpaccio Foto: Radio Capodistria/Radio capodistria
Carpaccio Foto: Radio Capodistria/Radio capodistria

Una questione che riemerge periodicamente nel dibattito pubblico, quella dei quadri istriani, dipinti di scuola veneta provenienti da Capodistria e Pirano spostati dall'Italia per tutelarli dai rischi della guerra tra il 1940 e il 1941 e mai tornati nelle loro sedi di origine. La Slovenia li reclama, l'Italia li nega.

In occasione dell'Anno europeo del patrimonio culturale, la Comunità degli italiani e la Can di Pirano hanno organizzato una conferenza del prof. Andrej Jakubovski, esperto di diritto internazionale in materia di beni culturali e docente all'Università di Varsavia.

Fra il pubblico convenuto nella Casa Tartini anche il console generale d'Italia a Capodistria, Giuseppe D'Agosto.

Vent'anni fa, il ritorno della Pala di Pirano sembrava cosa fatta. A riportare a casa lo splendido dipinto spostato nel 1940 e conservato a Padova doveva essere l'allora presidente della Repubblica italiana Oscar Luigi Scalfaro. Poi l'iniziativa saltò, ufficialmente perché mancava il "sì" del ministero della Cultura italiano, secondo gli sloveni invece per le pressioni esercitate dagli esuli istriani, come riportò all'epoca anche il quotidiano di Trieste "Il Piccolo". Comunque sia, nella chiesa di San Francesco a Pirano l'edicola restaurata destinata ad accogliere la tela raffigurante la Madonna in trono col Bambino e Santi, opera del 1518 di Vittore Carpaccio con il bel ritratto della città sullo sfondo, è rimasta a spoglia.

Ma, per quanto all'interno di una casistica molto varia, la vicenda dei quadri istriani e il contenzioso fra Italia e Slovenia per la loro proprietà rappresenta un caso tutt'altro che isolato. Ad Atene, un museo costruito ex novo attende il rientro dei marmi del Partenone che si trovano notoriamente al British di Londra, ha raccontato il prof. Andrej Jakubovski. E se nel diritto internazionale in merito ai trasferimenti di beni culturali tra Stati c'è una zona grigia, nella prassi internazionale si individuano due regole: il legame territoriale tra il bene e il suo contesto e provenienza, e il legame culturale, ossia - come ha spiegato sempre il relatore - l'importanza per il patrimonio nazionale. Degli sviluppi positivi, in materia, ci sono; esistono prassi che permettono di incontrarsi a metà percorso. Il prof. Jakubovski, che conosce bene la questione dei dipinti istriani contesi, ha citato l'esempio della Francia, che ha restituito alla Corea sottoforma di prestito a lungo termine una preziosa e antica raccolta di documenti di corte già conservati nella Biblioteca nazionale francese. Mentre con una storica iniziativa il presidente Macron ha da poco annunciato di voler restituire il patrimonio culturale africano all'Africa "con delle restituzioni temporanee o definitive".

Una restituzione temporanea, di qualcuna almeno delle opere istriane, visti anche i probabili tempi lunghi della controversia fra Italia e Slovenia, è questa la soluzione prospettata dal prof. Jakubovski al termine della sua conferenza nella Casa Tartini e condivisa dal giurista piranese Andrea Bartole, promotore dell'incontro. Perché in linea di principio le opere d'arte stanno bene nel luogo dove sono nate.